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In Svizzera mancano i chiropratici: «Si profila una carenza di assistenza»A sinistra: Gianluca Magri COMMENTA E CONDIVIDI Dalle plastiche monouso al turismo che più verde non si può,retrading a breve termine immerso nelle colline della Val d'Orcia. A 52 anni Gianluca Magri, uno dei re (ormai ex) della plastica italiana, ha già vissuto due vite. Fino all'agosto 2015 è stato l'anima della GoldPlast, azienda la cui storia rappresenta uno dei tanti simboli della creatività del Made in Italy. Nata nei primi anni Settanta ad Arcisate, in provincia di Varese, per iniziativa di Vincenzo, meccanico che con la moglie Antonia decide di mettersi in proprio con la Omarv, officina per articoli di valigeria, su spinta dei figli (Gianluca ma anche Andrea) si era riconvertita fino a diventare un quasi monopolista negli accessori per la tavola e il catering d'alta fascia. Fino alla "conversione", per così dire. Quella che l'ha portato a creare il "Tuscany Equestrian", oasi di relax con circa 50 posti letto (oggi, come tutte le strutture simili, alle prese con i problemi da Covid)) e centro ippico di livello (con 13 cavalli) a Sarteano. «La mia fortuna – racconta Magri su uno spiazzo con un affaccio spettacolare sul monte Amiata – è stata capire per tempo che un mondo stava finendo, prima che arrivasse la direttiva Ue. Ho avuto la fortuna, e l'abilità, di vivere da protagonista un periodo unico, in cui il mio settore era agli antipodi rispetto alla crisi scoppiata dal 2008. La GoldPlast, invece, negli ultimi 20 anni era sempre cresciuta. Eravamo arrivati a esportare in 38 Paesi, a un fatturato da decine di milioni di euro, a trasformare 6mila tonnellate di plastica l'anno, a commercializzare 980 milioni di pezzi singoli e 150 milioni di confezioni, solo sulle posate avevamo 20 linee produttive. Lo so, lo so, ho contribuito all'invasione della plastica, ma sapevo che non poteva durare in eterno». E' il racconto di una cavalcata travolgente, come tante case history del Belpaese. Una storia partita nel 1985, quando già il padre decise, davanti alla crisi della valigeria, di avviare anche lo stampaggio a iniezione con la minuteria in plastica. Negli anni Novanta avvenne la trasformazione, con il cambio di nome: i primi contratti con due supermercati svizzeri, il passaggio a un capannone nel '98. Poi, la svolta: «Prendemmo un direttore commerciale da una grossa azienda d'imballaggi. Ci aprì un mondo: decidemmo di passare dal lavoro "conto terzi" a una nostra produzione e linea distributiva. Nulla fu più come prima. In due anni arrivammo a triplicare il fatturato».Come sempre nella vita, lo sviluppo fu sostenuto poi da due eventi, dei quali uno tristemente noto: gli attentati dell'11 settembre 2001. Per GoldPlast l'effetto fu, paradossalmente, l'opposto. Tutte le compagnie aeree passarono alle posate in plastica, e fu il boom: fioccarono i contratti. «Nel 2003, per star dietro alle commesse aprimmo – senza chiudere ad Arcisate – anche in Romania, con 630 addetti, alcuni venuti dall'Italia, con tanto di foresterie per loro. Poi arrivò l'era del finger food, e fu un altro boom. Sono stati anni travolgenti: mi capitava di sapere di una fornitura di plastica a prezzi stracciati in Messico e prendevo il primo aereo per non farmela scappare. A Dubai, un giorno, notai un piatto mai visto prima e lo riprodussi in plastica: fu la creazione della linea Nice». A fine 2015, poi, la svolta: la vendita dell'80% a un fondo, seguita dall'altro 20%. «Avevo dato tutto me stesso – prosegue Magri –. Beatrice, mia figlia, ha la passione per i cavalli, volevo creare qualcosa che fosse a sua misura. Scelsi la Toscana perché è la meta preferita dagli stranieri. Digitai sul web "agriturismi Toscana", vidi l'offerta di un casale in Val d'Orcia, zona che non conoscevo. Fu un colpo di fulmine. Ho investito qui 4 milioni per realizzare, in soli due anni, qualcosa che riconcili l'essere umano con il creato. La plastica mi ha dato tutto, ma un tramonto qui non ha prezzo».

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