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Incidente tra auto ad Avellino: ferito un 69enneIl ministro delle Finanze,VOL favorito per essere il candidato dei socialdemocratici alle elezioni del 2021, rischia di essere fermato dallo scandalo Wirecard. Il timore di una commissione d'inchiestaLo scandalo che ha portato al fallimento dell’intermediario finanziario tedesco Wirecard sta mettendo in discussione la regolamentazione del mercato finanziario e delle società di revisione.La vicenda tocca anche il ministro delle Finanze, Olaf Scholz, probabile candidato alla cancelleria per i socialdemocratici nelle elezioni del 2021.Dopo una seduta della Commissione finanze sembra sempre più probabile la creazione di una Commissione d’inchiesta, un ostacolo pesante alla corsa di Scholz.Il caso Wirecard, lo scandalo che nell’ultimo anno ha scosso il mondo finanziario tedesco, potrebbe rendere quasi impossibile la corsa alla cancelleria per il vice di Angela Merkel, Olaf Scholz. Che il ministro delle Finanze della Spd sia il più probabile candidato dei socialdemocratici alle elezioni del 2021 era ormai considerato quasi certo, ma le dimensioni che sta assumendo l’affare di conti gonfiati che ha portato al fallimento dell’intermediario finanziario di Aschheim, in Baviera, potrebbero ostacolare la sua corsa.La Commissione finanze del Bundestag si è riunita mercoledì in via straordinaria per sentire sia Scholz sia il ministro dell’Economia, Peter Altmaier, collega della Cdu. Le responsabilità collegate alla vicenda sono sparse in vari ambiti: il fatto che 1,9 miliardi di euro, ufficialmente depositati in fondi fiduciari a Singapore, si siano rivelati poi inesistenti denuncia un grave problema di controlli a diversi livelli.Scholz è stato chiamato in causa dalla Commissione perché è al suo ministero che risponde la BaFin, l’equivalente della Consob, l’ente che controlla tra le altre cose la trasparenza dei conti delle aziende quotate, intervenuta secondo molti troppo tardi e in maniera poco incisiva: finora l’authority si è limitata a minacciare Wirecard con una multa di 330mila euro per aver sforato sulla consegna della relazione annuale per il 2019, fissata per aprile scorso.Si tratta però di bilanci che Wirecard non potrà mai presentare (né potrà mai pagare la multa, visto il fallimento) dopo che EY, la società di revisione che ha seguito l’azienda per oltre dieci anni, ha negato il suo via libera. E’ questo l’ultimo scampolo di una storia iniziata poco più di un anno fa, quando, subito dopo la quotazione in borsa dell’azienda, il Financial Times ha raccolto le indicazioni di alcuni whistleblower, che hanno fatto arrivare al quotidiano finanziario inglese informazioni interne. Sono sorti così dubbi sull’esistenza di alcuni fondi in possesso dell’azienda, ufficialmente in gestione fiduciaria a Singapore.Nell’ottobre del 2019, quando la vicenda era già sulla bocca di tutti, un azionista ha richiesto un’ulteriore perizia sui conti da parte di una diretta concorrente di EY, Kpmg. Parallelamente, è stata attivata la Prüfstelle für Rechnungslegung, l’altro ente di vigilanza che lavora in tandem con la BaFin. Dove EY si era limitata a prendere per buoni i documenti presentati dai fiduciari asiatici, Kpmg ha richiesto gli originali, mai consegnati: di qui la decisione, anche di EY, di negare la certificazione ai conti del 2019 di Wirecard.EY ha detto di essere stata raggirata da una “truffa elaboratissima”, ma l’imprecisione delle società di revisione ha sollevato dubbi sull’affidabilità delle considdette “Big Four” (oltre a EY e Kpmg anche PwC e Deloitte), le quattro aziende che si spartiscono il mercato mondiale e che generano complessivamente 155 miliardi di dollari annui di fatturato.Il problema è che questo tipo di aziende non solo revisionano i conti delle imprese ma forniscono anche servizi di consulenza su come scriverli: un business che è cresciuto negli anni, fino a rappresentare ormai il 60 per cento del fatturato. Di fatto, dunque, queste società si trovano spesso a consigliare ai clienti come compilare i propri bilanci, che poi non possono che approvare.Un conflitto d’interessi che nel Regno Unito ha portato l’ente di sorveglianza del mercato finanziario (Frc) a chiedere, dopo numerosi scandali nella valutazione dei conti delle imprese che seguivano, che i quattro colossi dividano i rami d’azienda. Il Covid-19 ha rimandato l’applicazione pratica della decisione, ma la discussione parlamentare sull’argomento è in programma per i prossimi mesi. Il traguardo è fissato per il 2024, ma molti esperti del settore sono scettici sull’efficacia di questa decisione.In Germania, le società di revisione godono di un limite massimo di responsabilità: nessuna multa può superare i quattro milioni di euro. Un limite che, come tutto il resto della regolamentazione del settore, ora è al centro del dibattito politico tedesco. E’ un ottimo spunto per Scholz, impegnato a prendere rapidamente le distanze da questa vicenda: la regolamentazione delle società di revisione è infatti in mano al ministro dell’Economia, Altmaier. Nelle quattro ore di audizione di mercoledì sera, il vicecancelliere ha più volte sottolineato la responsabilità del sistema di controllo dei revisori, ribadendo che nonostante l’authority avesse deciso di dedicare al caso una sola persona, il problema fosse più che altro l’insufficiente regolamentazione del settore. Altmaier, interrogato a sua volta dalla Commissione, ha invece scaricato le responsabilità al ministero della Giustizia, anche questo in mano alla Spd.Insomma, il caso Wirecard sta causando conseguenze con cui nessuno vuole aver a che fare. Soprattutto Scholz, che, per accentuare la propria voglia di smarcarsi dallo scandalo ha anche proposto un piano in sedici punti per riformare il sistema di vigilanza finanziaria. Dopo la seduta della Commissione le opposizioni vogliono tirare in ballo anche la cancelleria, convocata già per mercoledì scorso. “Le domande davvero interessanti sono rimaste senza risposta”, dice Fabio De Masi, deputato della Linke, il partito della sinistra radicale. “Ho richiesto il pieno accesso agli atti. Non basterà un’altra convocazione straordinaria e serve una commissione d’inchiesta, anche perché la cancelleria continua a non presentare nessun referente”.Al momento la sua richiesta è sostenuta anche dal partito liberale e da Afd, il partito di estrema destra, mentre i Verdi continuano a tentennare. Sembra però che i voti necessari per indire la commissione d’inchiesta in un modo o nell’altro si troveranno. Anche nella Cdu si stanno aprendo spiragli in questo senso.Una commissione d’inchiesta sarebbe un freno alla corsa di Scholz per la cancelleria, resa già molto difficile dagli scontri interni ai socialdemocratici e dal fatto che il partito si ritrova stretto a destra dalla Cdu e a sinistra dai Verdi. Il rischio è che, alla fine dei conti, la Spd si ritrovi terzo partito del paese.© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediLisa Di Giuseppe

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