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Cutro, un anno dopo: «Questo è un giorno nero per noi» (Video)COMMENTA E CONDIVIDI Anche papa Francesco,analisi tecnica come già san Giovanni Paolo II per il Grande Giubileo del 2000, chiede di cancellare o almeno ridurre il debito estero dei Paesi più poveri in occasione dell'Anno Santo ormai imminente. Lo aveva già scritto nella Bolla di indizione dello scorso 9 maggio, Spes non confundit. È tornato ad auspicarlo oggi, 5 giugno, ricevendo, prima dell'Udienza Generale, i partecipanti al seminario "Affrontare la crisi del debito nel Sud del mondo", promosso dalla Pontificia Accademia delle Scienze. in particolare Francesco chiede di pensare a «una nuova architettura finanziaria internazionale che sia audace e creativa». Secondo il Pontefice, «per cercare di spezzare il ciclo finanziamento-debito sarebbe necessaria la creazione di un meccanismo multinazionale, basato sulla solidarietà e sull'armonia dei popoli, che tenga conto del significato globale del problema e delle sue implicazioni economiche, finanziarie e sociali. L'assenza di questo meccanismo - ha sottolineato - favorisce il 'si salvi chi può, laddove a perdere sono sempre i più deboli».Questo è frutto anche di «una globalizzazione mal gestita, dopo la pandemia e le guerre», ha affermato il Pontefice nel suo discorso in spagnolo. Perciò «ci troviamo di fronte a una crisi del debito che colpisce soprattutto i Paesi del Sud del mondo, generando miseria e angoscia, e privando milioni di persone della possibilità di un futuro dignitoso. Di conseguenza, nessun governo può esigere moralmente che il suo popolo soffra di privazioni incompatibili con la dignità umana». Il Papa ha ricordato che nel Giubileo 2000, Giovanni Paolo II riteneva che la questione del debito estero «non è solo di natura economica, ma tocca principi etici fondamentali e deve trovare spazio nel diritto internazionale» e riconosceva che «il Giubileo può costituire un occasione propizia per gesti di buona volontà per condonare i debiti, o almeno ridurli in funzione del bene comune».«In linea con l'insegnamento dei miei predecessori - ha quindi proseguito Francesco -, vorrei ribadire che sono i principi di giustizia e di solidarietà ciò che porterà a trovare soluzioni. In questo modo è fondamentale agire in buona fede e con verità, seguendo un codice di condotta internazionale con standard di valore etico che tutelino le negoziazioni». Questo è «oggi più urgente che mai - ha osservato il Papa -, tenendo presente che debito ecologico e debito estero sono due facce della stessa medaglia che ipotecano il futuro».In vista dunque dell'Anno Santo del 2025, il Pontefice ha invitato «ad aprire la mente e il cuore per poter sciogliere i nodi di quei legami che soffocano il presente, senza dimenticare che siamo solo custodi e amministratori, e non modelli». «Vi invito a sognare e ad agire insieme nella costruzione responsabile della nostra casa comune», ha esortato. «Nessuno può abitarlo con pace di coscienza quando sa che intorno a lui ci sono moltitudini di fratelli e sorelle che soffrono la fame e sono anche immersi nell'esclusione sociale e nella vulnerabilità. Lasciar andare questo è un peccato, un peccato umano, anche se non si ha fede, è un peccato sociale».Nella Spes non confundit il Papa ha scritto: «Un altro invito accorato desidero rivolgere in vista dell’Anno giubilare: è destinato alle Nazioni più benestanti, perché riconoscano la gravità di tante decisioni prese e stabiliscano di condonare i debiti di Paesi che mai potrebbero ripagarli. Prima che di magnanimità, è una questione di giustizia, aggravata oggi da una nuova forma di iniquità di cui ci siamo resi consapevoli: "C’è infatti un vero debito ecologico, soprattutto tra il Nord e il Sud, connesso a squilibri commerciali con conseguenze in ambito ecologico, come pure all’uso sproporzionato delle risorse naturali compiuto storicamente da alcuni Paesi". Come insegna la Sacra Scrittura, la terra appartiene a Dio e noi tutti vi abitiamo come forestieri e ospiti. Se veramente vogliamo preparare nel mondo la via della pace, impegniamoci a rimediare alle cause remote delle ingiustizie, ripianiamo i debiti iniqui e insolvibili, saziamo gli affamati».
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