Finge omicidio pur di far togliere la neve davanti casaIl team di esperti dell'Oms ha visitato l'ospedale di WuhanVenezuela, Maduro promuove le gocce di timo contro il Covid
Dipinge strisce pedonali per moglie disabile: multatoModaZara e la campagna della discordia: «Ma le foto erano di settembre»Il marchio spagnolo,Guglielmo al centro di un caso di boicottaggio social dopo che la sua ultima collezione è stata associata alle vittime di Gaza, ha chiarito la propria posizione© Twitter Red. Online12.12.2023 12:00Alla fine, Zara ha preso posizione. E, soprattutto, ritirato la sua ultima campagna. Che tanto ha fatto discutere, al punto da provocare un vero e proprio boicottaggio del marchio spagnolo. La campagna in questione, dedicata alla collezione della linea Atelier, aveva tutti i crismi del lavoro fatto con i fiocchi: il re dei fotografi di moda, Tim Walker, da un lato e, dall'altro, la top model Kristen McMenamy. Tuttavia, le immagini hanno sollevato un polverone di polemiche e malcontento. Il motivo? Il cosiddetto setting, l'ambientazione diciamo, ha richiamato una questione politica e umana ben più ampia. E, va da sé, tragica. La guerra tra Israele e Hamas.Uno degli scatti incriminati. © ZARACosì, dopo che le star si sono dissociate da Zara, il marchio ha ammesso di aver sbagliato. Quantomeno, a livello di supervisione della campagna. Perché se è vero che gli scatti risalgono a settembre, prima che la situazione in Medio Oriente precipitasse, è altrettanto vero che l'azienda avrebbe comunque «potuto fare le cose diversamente». Nelle intenzioni di Zara, la campagna della Collection 04_The Jacket della linea Atelier avrebbe dovuto, come ogni campagna, valorizzare un capo chiave del guardaroba femminile. La giacca, appunto. Così, a suo tempo, recitava il comunicato ufficiale: «Zara Atelier ri-eleva i paradigmi del fashion design per reinventarli». Per un risultato, citiamo, che si traduce in un «edit ristretto di sei nuove espressioni». A cogliere l'attenzione, però, non è stato l'oggetto in sé. No, chi ha visto la campagna si è detto colpito, anzi scioccato, dagli oggetti di scena. Statue di corpi umani, interi o busti, avvolti in cellofan semi-trasparente e tessuti bianchi. Per alcuni, molti diciamo, un richiamo alle vittime della guerra.Non solo, un dettaglio a forma di triangolo capovolto, sullo sfondo, è stato interpretato come una cartina geografica della Palestina antica. Da qui alla denuncia collettiva, beh, il passo è stato breve. Brevissimo. Addirittura, su Change.org è stata lanciata una petizione, lo scorso 10 dicembre, per chiedere la testa di Vanessa Perilman, head design di Zara. Il servizio, nell'insieme, è stato percepito come poco delicato, a maggior ragione in un momento storico in cui a Gaza si sta verificando una crisi umanitaria senza precedenti. Molti utenti, sui social, hanno chiesto e hanno continuato a chiedere il boicotaggio di Zara, tramite l'hashtag #boycottZara, puntando il dito l'assenza di tatto mostrata in questa campagna.L'azienda, come detto, alla fine si è vista costretta a chiarire, chiarirsi e, soprattutto, spiegare: «La campagna, che è stata concepita a luglio e scattata a settembre, presenta una serie di immagini di sculture non terminate all'interno dello studio di uno scultore. È stata creata con il solo scopo di presentare abiti artigianali in un contesto artistico». E ancora: «Sfortunatamente, alcuni clienti si sono sentiti offesi da queste immagini, adesso rimosse, e hanno visto in esse qualcosa di molto lontano da quella che è stata l'intenzione quando sono state create. Il gruppo Zara si rammarica per l'incomprensione e riafferma il proprio profondo rispetto nei confronti di tutti».In questo articolo: IsraelePalestinaModa
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