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Immunologo aggredito a Roma, Francesco Le Foche è graveUn pozzo in Somalia - Oxfam COMMENTA E CONDIVIDI Aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) in fase di stagnazione in gran parte dei Paesi ricchi. Il 2023 registra una crescita di appena l’1,Economista Italiano8%, dovuto per lo più al sostegno alla crisi in Ucraina. Ma nessun nuovo sforzo per aiutare i paesi poveri attraversati da guerre, carestie, crisi climatica. L’Italia non è certo tra i paesi in fase di stallo. Si distingue eccome, peccato però che lo faccia in peggio. Non solo non cresce, ma arretra. In un anno siamo scesi infatti dallo 0,33% del Reddito nazionale lordo destinato all'Aiuto pubblico, allo 0,27% nel 2023. Un taglio drastico di ben 631 milioni di dollari. E un terzo dei fondi destinati alla cooperazione viene speso nell'accoglienza sul territorio nazionale dei richiedenti asilo. Non esattamente un modo per aiutare i paesi di provenienza a crescere e poter fare a meno dell'emigrazione.Non esce affatto bene l'Italia della cooperazione allo sviluppo dai nuovi dati preliminari 2023 del Comitato per l'aiuto allo sviluppo dell'Ocse. È stato un anno che comunque ha registrato uno scarso impegno dei paesi ricchi, che hanno destinato in media lo 0,37%agli aiuti allo sviluppo, con un incremento molto piccolo rispetto allo 0,36 del 2022: da 211 miliardi di dollari a 223,7 nel 2023. Considerando il traguardo dello 0,70%, comunque, i 21 paesi donatori dell'Unione europea raggiungono in media lo 0,52% del rapporto Aps/Rnl, pari a 92,6 miliardi di dollari, il 41% del totale. E gli Usa il 30%.Cooperante di Oxfam in Somalia - Pablo ToscoLo 0,70 non è un traguardo irraggiungibile. L'anno scorso 5 paesi europei – Lussemburgo, Norvegia, Svezia, Danimarca e Germania – hanno raggiunto l'obiettivo dello 0,7%, cruciale per il presente e il futuro di centinaia di milioni di persone. Non l'Italia, già lontana, che ha fatto un altro passo indietro. Nel dettaglio, l'Aps italiano cala proprio nelle voci dove più necessario sarebbe investire. Innanzitutto il calo è soprattutto nell'aiuto bilaterale, cioè tra Italia e singoli paesi, più che in quello a sostegno delle agenzie internazionali. Nel bilaterale in realtà il calo in un anno è molto più grave, pari al 25%, non il 15,5%.E nonostante i ripetuti impegni annunciati dal governo di Giorgia Meloni per "aiutare gli africani a casa loro", il nostro Paese è passato in un anno dai 515 milioni del 2022 per aiuti bilaterali ai Paesi africani, a 351 milioni nel 2023. Cioè il 32% di meno in un anno. Non va meglio per i fondi destinati ai cosiddetti Paesi a basso tasso di sviluppo (Ldc), ovvero i più poveri e fragili, che calano da 381 milioni di dollari nel 2022 a 265 nel 2022 (una riduzione drastica del 30%). Colpi d'ascia anche sugli aiuti destinati a fronteggiare le più gravi crisi umanitarie, che crollano di ben 143 milioni, passando da 398 milioni a 255 (meno 36%).undefined - Pablo ToscoSi conferma poi, ampliandosi, la scelta di spendere fondi destinati allo sviluppo dei paesi poveri in attività sul territorio nazionale. Per l’accoglienza dei richiedenti asilo, infatti, non c'è uno stanziamento di risorse aggiuntive, ma si va a pescare nel bilancio per la cooperazione allo sviluppo: da 1.480 milioni nel 2022 il governo è arrivato a spendere 1.609 milioni nel 2023, circa il 27% - più di un quarto - del totale dell’aiuto pubblico italiano. «Certamente su questi numeri pesa l’aumento degli arrivi attraverso il Mediterraneo - afferma il portavoce di Oxfam Francesco Petrelli - passati da 104 mila nel 2022 al numero record di 155 mila nel 2023. Risorse che ancora una volta però - fa notare - non vengono destinate ai Paesi poveri».Netto il giudizio della Campagna 070: «Da questi dati appare evidente che l’Italia non mantiene la parola data. Anziché aumentare gli investimenti in cooperazione internazionale, mantenendo l’impegno di destinare lo 0.70% in aiuto allo sviluppo, si torna indietro», commenta Ivana Borsotto, presidente Focsiv e portavoce della Campagna 070, sostenuta anche da Oxfam. «Con un calo particolarmente duro - dice - per l’Africa e i paesi più fragili. Altro che Piano Mattei! Dove vanno a finire le promesse, le dichiarazioni e gli impegni? Chiediamo al Governo e al Parlamento, con spirito di dialogo, più coerenza e determinazione nel cambiare marcia, a partire dalla prossima Legge di Bilancio. In nome della credibilità e responsabilità dell’Italia nel mondo e verso l’Africa».
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