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Vaccino, la gaffe del Tweet di Francesca Donato"Chiedo scusa per quello che ho detto a mio figlio. Gli ho detto solo tante fesserie". Parla così adesso Nicola Turetta,VOL il papà di Filippo Turetta che si trova in carcere per l'omicidio di Giulia Cecchettin. Al Corriere della Sera l'uomo spiega il senso delle sue parole durante colloquio, intercettato, tra lui e il figlio in carcere. I genitori di Turetta durante il colloquio: "Non devi darti colpe, non potevi controllarti""Non ho mai pensato che i femminicidi fossero una cosa normale. Erano frasi senza senso. Temevo che Filippo si suicidasse. Quegli instanti per noi erano devastanti. Non sapevamo come gestirli. Vi prego, non prendete in considerazione quelle stupide frasi. Vi supplico, siate comprensivi", le parole di Nicola Turetta, he adesso prende le distanze da quanto detto al figlio. Il padre del ragazzo parla di una "gogna mediatica" che sta vivendo la sua famiglia dopo la pubblicazione delle intercettazioni. "Sto malissimo. Sono uscito di casa per non preoccupare ulteriormente mia moglie e l'altro mio figlio. Ora si trovano ad affrontare una gogna mediatica dopo quel colloquio pubblicato dai giornali. Io ed Elisabetta avevamo appena trovato la forza di tornare al lavoro. Abbiamo un altro figlio a cui pensare, dobbiamo cercare di andare avanti in qualche modo, anche se è difficilissimo. Domani chi avrà il coraggio di affrontare gli sguardi e il giudizio dopo quei titoloni che mi dipingono come un mostro. Ero solo un padre disperato. Chiedo scusa, certe cose non si dicono nemmeno per scherzo, lo so. Ma in quegli istanti ho solo cercato di evitare che Filippo si suicidasse". Intanto non si spegne la polemica per la pubblicazione delle intercettazioni. Sull'utilità ai fini della cronaca di rendere note le parole tra genitori e figlio. "Il dovere del giornalista è distinguere cosa è essenziale per la comprensione dei fatti da ciò che è pura e semplice incursione nel dramma di genitori di fronte a un figlio che ha commesso un crimine terribile. Un dramma umano, quello del padre e della madre, che va rispettato", dice Carlo Bartoli, presidente nazionale dell'Ordine dei giornalisti. "Non è in gioco la terzietà del giudice - afferma - così come da quel colloquio non emerge alcun elemento rilevante per le indagini e, quindi, di interesse pubblico".
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