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Libya, Haftar and Wagner's moves in the west, UN concerned, Tripoli preparesIl presidente della Repubblica Sergio Mattarella con il ministro della Giustizia Carlo Nordio - ANSA COMMENTA E CONDIVIDI Nell’ennesima giornata movimentata sul fronte della giustizia,MACD la vera sorpresa arriva in serata. Mentre il cosiddetto decreto «Carcere sicuro» sta incassando il via libera definitivo della Camera, sul piano più politico arriva la mossa spiazzante del governo, che diserta l’Aula di Montecitorio durante il voto e invece tiene una riunione a Palazzo Chigi proprio sull’emergenza carceri, considerata «una priorità», e per rendere «subito operativo il decreto legge».Al termine dell’incontro è il Guardasigilli Carlo Nordio a far sapere non solo di aver «prospettato» alla presidente Meloni «soluzioni a breve e medio termine per il sovraffollamento carcerario», ma di voler chiedere «un incontro al Presidente della Repubblica, che ha sempre manifestato grande attenzione al riguardo». Inoltre, Nordio dice di voler proporre «al Consiglio Superiore della Magistratura di considerare la copertura di organico per la magistratura di sorveglianza» (attualmente i giudici, come ha segnalato Avvenire, sono 230 con 200mila praticate arretrate), garantendo «da parte del ministero agili e veloci procedure per il completamento della pianta organica degli amministrativi presso i Tribunali di sorveglianza» (che conta scoperture medie del 40-50%).Se non un vero e proprio ravvedimento, sembra una presa d’atto di ciò che da più parti viene contestato all’esecutivo rispetto al suddetto decreto, ritenuto una sorta di scatola vuota da magistrati, addetti ai lavori e associazioni impegnate nelle carceri, in un contesto in cui 60mila detenuti stanno costretti in strutture che dovrebbero ospitarne 50mila e i suicidi sono giunti a quota 64 da inizio anno. Ma proviamo ad andare con ordine rispetto al film della giornata.Mostrandosi impermeabile al diluvio di critiche fatto piovere dalle opposizioni (che parlano di un decreto «inutile, se non dannoso») e ai dubbi sulla reale efficacia del provvedimento manifestati in questi due mesi dagli addetti ai lavori, la maggioranza tira dritto, senza ritoccare il testo già passato in Senato la scorsa settimana. E, dopo il voto di fiducia dell’altra notte (con 186 sì, 127 no e 2 astenuti), incassa in serata pure il via libera finale sul provvedimento: 153 voti favorevoli, 89 contrari e un’astensione. Il testo prevede l’assunzione di mille nuovi agenti di polizia penitenziaria fra il 2025 e il 2026, interviene sulle procedure per la liberazione anticipata per buona condotta, aumenta da 4 a 6 le telefonate mensili dei detenuti ai parenti e istituisce un albo delle comunità in cui tossicodipendenti e altri reclusi a cui venga concesso possono scontare parte della pena.In Aula il confronto si infiamma subito, a partire dagli ordini del giorno: uno del dem Marco Lacarra a favore delle detenute madri, bocciato dopo esser stato prima sostenuto e poi scaricato dal governo; l’altro di Enrico Costa, Azione, passato e ribattezzato dagli oppositori «Salva Toti e colletti bianchi». E prosegue fino alle dichiarazioni di voto, intrecciandosi con l’iter di altri testi dell’esecutivo, compreso il ddl sicurezza, appena licenziato in commissione sempre alla Camera, proprio mentre l'Aula dispone per la seconda volta il rinvio in Commissione della pdl di Roberto Giachetti per far scattare prima la liberazione anticipata in caso di buona condotta.Le opposizioni adoperano parole di fuoco, con la segretaria dem Elly Schlein che parla di «furia punitiva che acceca la maggioranza», che «non fa nulla contro il sovraffollamento», mentre introduce «oltre 20 reati nuovi». Caustico anche il deputato di Avs Angelo Bonelli: «Si apre la strada per lo scudo per i governatori chiesto da Salvini dopo la vicenda Toti». Il clima si fa poi incandescente dopo il voto: quando le agenzie danno notizia della riunione parallela a Palazzo Chigi, i partiti oppositori si infuriano, annunciando con la dem Debora Serracchiani la richiesta di una «informativa urgente» alla premier Giorgia Meloni e al Guardasigilli. Le opposizioni parlano di «uno schiaffo al Parlamento» e Marco Grimaldi di Avs chiede al presidente della Camera, Lorenzo Fontana, «l’immediata convocazione di una Capigruppo» per definire «un’azione riparatoria» da parte di Nordio. Fontana replica a stretto giro con una nota che ribadisce la «centralità del Parlamento» e «l’assunzione di responsabilità di tutti i soggetti interessati».A Palazzo Chigi, la premier e il sottosegretario Alfredo Mantovano, magistrato di lungo corso, si confrontano a lungo col Guardasigilli, col viceministro Francesco Paolo Sisto, coi due sottosegretari alla Giustizia Andrea Ostellari e Andrea Delmastro e coi presidenti delle Commissioni Giustizia di Senato e Camera, Giulia Bongiorno e Ciro Maschio. E, come detto, al termine il ministro Nordio conferma l’intenzione dell’esecutivo di mettere in campo altre misure e di intensificare il dialogo col Colle. Su cosa? La situazione nei 190 penitenziari è talmente grave che non sarebbe eccessivo ragionare di amnistia e di indulto, ma le due opzioni non paiono nelle corde del centrodestra.Sul tavolo potrebbe esserci anche un altro tema: da un mese (dopo il sì della Camera il 10 luglio) il ddl Nordio, contenente la controversa abrogazione del reato di abuso d’ufficio (che esiste in 25 Stati Ue) resta all’attenzione del capo dello Stato, che non lo ha ancora promulgato. Il tempo trascorso è notevole. Cosa medita Sergio Mattarella? Forse di rinviare il testo alle Camere, accompagnato da rilievi? Non è dato saperlo e ogni supposizione sarebbe affrettata. Fonti del Quirinale, interpellate da Avvenire, confermano solo che l’incontro con Nordio (che è già stato chiesto) si terrà, in data da definire. Pertanto, per conoscere l’evoluzione della situazione sul sempre più travagliato fronte delle riforme di giustizia, bisognerà attendere la prossima puntata.
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