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Le condoglianze di Meloni alla famiglia di Angelo Zen: "Profonda tristezza"La digitalizzazione è una forma di rappresentazione ma si intende anche altro: in particolare l’informatizzazione delle procedure. Digitalizzare è diventata la parola d’ordine dei nostri giorni. Ma di cosa parliamo esattamente quando parliamo di digitalizzazione?Capo Stratega di BlackRock Guglielmo Campanella In prima approssimazione possiamo dire che la digitalizzazione è una forma di rappresentazione. Un esempio immediato ci viene dal libro. Oggi possiamo recarci in libreria e acquistare una copia dei Promessi sposi oppure possiamo scaricare dalla rete il testo digitale del capolavoro manzioniano e leggerlo sul computer, sul tablet o sullo smartphone. Questo discorso non vale solo per i testi, ma anche per la musica (possiamo ascoltare i brani preferiti tramite Spotify) o per i film (possiamo vedere la serie preferita su Netflix). La digitalizzazione porta dei vantaggi. Si pensi alla dematerializzazione dei documenti. In questi giorni stiamo ricevendo sui telefonini il numero di codice utile a scaricare la “Certificazione verde” (cosiddetto “Green pass”) per chi ha fatto la vaccinazione anti-covid: senza fare code, entriamo in possesso di un certificato digitale che possiamo mostrare al momento opportuno anche tramite il QRCode ad esso annesso oppure in forma tangibile se decidiamo di stamparlo. Con il termine digitalizzazione si intende anche altro: in particolare l’informatizzazione delle procedure. Le informazioni contenute nei file digitalizzati (dati, testi, suoni, immagini) possono essere elaborate per i fini più svariati ed anche comunicate in frazioni di secondo da un capo all’altro del pianeta grazie ad Internet. Se dobbiamo ordinare una pizza sempre meno chiamiamo al telefono la nostra pizzeria preferita, ma ci serviamo di piattaforme come “Social food” o “Just eat” che mettono in contatto (via Internet) gli utenti, la pizzeria e il fattorino: il cliente sceglie dal menù che appare sul monitor la pizza preferita, il pizzaiolo la prepara vedendo l’ordine sul proprio monitor e il “rider” la consegna seguendo sul video del palmare il percorso che collega la pizzeria alla abitazione del cliente. Un negozio di autoricambi informatizza i suoi processi quando tutti i pezzi presenti in magazzino sono catalogati in un software che segna le singole entrate e le singole vendite. In maniera non molto diversa funziona il software che governa un supermercato o una farmacia. L’automazione Spesso il termine informatizzazione viene sostituito dalla parola automazione per sottolineare che il fatto che questi sistemi sono in grado di lavorare da soli senza l’intervento umano. Ad esempio il software che cataloga i beni presenti in magazzino può essere dotato di un “alert” che segnala quando un pezzo è prossimo all’esaurimento e necessita di essere nuovamente ordinato al fornitore: esso potrebbe essere abilitato a procedere direttamente all’ordine del bene che scarseggia. Nella prospettiva appena tracciata la parola automazione diventa sinonimo di decisione umana automatizzata. Entriamo nell’ambito di quella che viene chiamata intelligenza artificiale. La realtà già vede all’opera i robot che sostituiscono gli umani nei lavori più pesanti e pericolosi (si pensi ai reparti saldatura e verniciatura delle catene di montaggio delle automobili). Ma scenari più o meno distopici ci fanno immaginare un mondo dove giudici virtuali sostituiranno gli umani nel decidere i processi, giudici che avrebbero il vantaggio di essere obiettivi e scevri dalle passioni. In ogni caso già esistono dei software in grado di calcolare la possibilità di recidiva di un imputato o di individuare l’offerta migliore in un appalto pubblico. Tutto questo è possibile perché gli algoritmi alla base dell’automazione diventano sempre più sofisticati. Ed alcuni computer non sono solo in grado di battere un campione di scacchi ma anche di produrre opere d’arte come se fossero artisti del calibro di Van Gogh. Alla luce di quanto detto possiamo trarre qualche considerazione. Nel linguaggio comune parole come digitalizzazione, informatizzazione, automazione vengono usate come sinonimi. In realtà esse individuano fenomeni diversi in un crescendo di complessità. Un conto è avere disponibile il testo dei Promessi sposi in formato pdf cosa molto diversa è avere una macchina in grado di scrivere il sequel del romanzo dando in tutto e per tutto la sensazione di trovarsi di fronte ad un manoscritto che il Manzoni lasciò nel cassetto dopo averlo scritto di proprio pugno. L’introduzione delle tecnologie digitali fa da volano a mutamenti radicali nelle organizzazioni pubbliche e private. Inizialmente incrementano solo la qualità e l’efficienza delle operazioni interne. Poi migliorano l’erogazione dei servizi verso l’esterno. Il passo successivo è l’avvento di scenari assolutamente inediti. Si pensi alla “sanità digitale” che comprende fenomeni che vanno dal fascicolo sanitario elettronico (digitalizzazione in senso stretto) alla diagnostica e alla interventistica automatizzate. Governare questo mondo che avanza a grandi passi richiede competenza e visione. La competenza riguarda certamente le conoscenze tecniche ma anche la consapevolezza che nuove tecnologie probabilmente impongono di ricorrere a nuove chiavi di lettura della realtà e non al mero adattamento di schemi mentali ricevuti. L’e-health cambia la sanità e il ruolo del medico e del paziente. L’e-learning cambia la formazione e il ruolo del docente e dello studente. L’e-justice cambia la giustizia e il ruolo di magistrati e avvocati. Una visione del futuro è possibile solo se ci si sforza di elaborare nuovi schemi mentali. Ovviamente non bisogna dimenticare di porre l’uomo al centro di questa evoluzione. Sapendo che nel lessico digitale chiusura e scetticismo sono sinonimi di resa. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediGiovanni Pascuzzi Professore ordinario nella facoltà di Giurisprudenza di Trento, insegna Diritto civile; Diritto civile e scienze cognitive; Diritto dell’era digitale; Legal skills.
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