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Irlanda, Norvegia e Spagna riconosceranno la Palestina il 28 maggio. E Israele richiama gli ambasciatoriisraele turchia erdogan benjamin netanyahu Sullo stesso argomento:Fonte senior di Hezbollah: "Capaci di bombardare in modo duro e violento"Notte di scontri e di arresti dopo la vittoria di Maduro. Almeno 3 vittime30 luglio 2024aaaIsraele chiede che la Turchia venga cacciata dalla Nato. È l’ultimo atto della polemica tra il premier israeliano Benjamin Natanyahu e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Una polemica che ha trascinato con sé i due governi e che ora rischia di coinvolgere in una spirale di tensione i due Paesi che possono contare sull’arsenale bellico più importante dell’intera area. «Netanyahu finirà come Hitler. Chi vuole sterminare i palestinesi farà la stessa fine di chi ha cercato di sterminare gli ebrei». Questa la durissima replica arrivata ieri mattina dal ministero degli Esteri turco e rivolta direttamente al ministro degli Esteri israeliano Israel Katz. Domenica sera Erdogan aveva alzato i toni. Le ultime operazioni militari israeliane lo avevano spinto a paventare la possibilità che la Turchia intervenisse a favore dei palestinesi come aveva fatto a sostegno dell’Azerbaigian in Nagorno Karabakh e del governo di Tripoli impegnato contro Haftar in Libia. Alle parole di Erdogan era subito seguita la risposta,trading a breve termine minacciosa, del ministro israeliano che lo aveva messo in guardia dal rischio di fare «la stessa fine di Saddam Hussein». Parole che hanno scatenato risposte a catena da parte di tutti i ministri di Ankara. Il ministero degli Esteri a Katz ha replicato con gli stessi toni di minaccia: «Come la fine del genocida Hitler, così sarà la fine del genocida Netanyahu. Chi cerca di cancellare dalla terra i palestinesi la pagherà cara. L’umanità sta con i palestinesi». Fonte senior di Hezbollah: "Capaci di bombardare in modo duro e violento" L’ultimo atto di una spirale di polemiche e tensioni di cui, in questo momento, si fa fatica a vedere il fondo e a immaginare le reali conseguenze. Se è infatti surreale la possibilità che la Turchia esca dalla Nato, al pari dell’eventualità che Ankara invii militari a Gaza, è però difficile immaginare come le parole di Erdogan possano prendere forma nella realtà di questo conflitto o quali possano essere le risposte dello Stato ebraico. Al momento sono i toni a essere altissimi, ma poco è cambiato se non l’ennesima conferma delle relazioni in caduta libera tra Israele e Turchia, che solo lo scorso 7 ottobre erano reduci da un processo di riavvicinamento durato due anni e terminato con la nomina di nuovi ambasciatori nell’autunno del 2023. Ambasciatori rimasti nelle proprie sedi appena un anno. Notte di scontri e di arresti dopo la vittoria di Maduro. Almeno 3 vittime Erdogan mantiene sempre un canale aperto con Hamas e attende il leader dell’Autorità palestinese Abu Mazen a Gaza, ma cosa farà la Turchia dopo le parole di domenica rimane da vedere. Da escludere l’invio di truppe, una circostanza che non si era verificata neanche nel Caucaso e in Libia, i due Paesi citati da Erdogan. In questi contesti l’esercito di Ankara aveva inviato droni, i famigerati TB2 Bayraktar, istruttori e consiglieri militari. Uno scenario difficilmente replicabile nel contesto Gaza. È assai più realistico leggere la minaccia di Erdogan come un aut aut alla comunità internazionale: o si interviene tutti insieme o le conseguenze potranno essere devastanti. Parole destinate comunque a produrre conseguenze, tradursi in ulteriore pressione nei confronti di Israele e aprire una nuova fase di tensione tra due Paesi i cui rapporti, dopo una lenta normalizzazione, sono di nuovo precipitati ai minimi storici.
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