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Un'arpa viggianese per il viaggio nella storia di Victor SalviL’ ingresso del Villaggio olimpico di Parigi 2024 - Ansa/Epa COMMENTA E CONDIVIDI Bisogna entrarci per capire. Metal detector all’ingresso,MACD perquisizioni minuziose nelle borse. Tanto per ricordarsi che quello che c’è fuori da qui è decisamente più brutto. Poi inizia un’altra storia. Bandiere, incroci, colori che si confondono. Tutti rigorosamente in tuta d’ordinanza: ogni nazione la sua, ma si frullano benissimo. Benvenuti nel più grande residence del pianeta, dove vivono le donne e gli uomini d’oro. Sorrisi e stupore, voglia di stare insieme. Forse non è proprio l’ombelico del mondo, ma ci assomiglia. E c’è tanta vita dentro. Eccoli i “ Village People” dell’Olimpiade, stipati in 82 palazzine una diversa dall’altra, 14.500 persone tra atleti e membri dello staff, 205 patrie in un polmone solo. L’Australia ha messo fuori dalla porta due canguri di gomma, tanto per non perdere l’abitudine. “Go! China” è l’enorme striscione davanti alla palazzina dei pechinesi. E gli Stati Uniti questa volta sono un’esplosione di stelle e strisce: non come in altri Giochi, dove l’America era scomparsa dal Villaggio, nessuna segnalazione, palazzina isolata e una raccomandazione agli atleti: non fatevi riconoscere, non mettete la maglietta con la scritta ad asciugare sulla finestre, via ogni logo yankee, non tutto il mondo ci ama e siete facili bersagli. L'Italia come al solito è posizionata molto bene, 7 piani tutti per lei, con una lounge sul tetto con i divani per guardare la tv. La palazzina è tra quella della Spagna e della Serbia, non lontana dalla mensa e dall’uscita. Poteva andarle peggio. Vicino alla Giamaica, dicono, alle altre Olimpiadi non si dormiva mai. Per la musica e il fumo. Quello delle grigliate, s’intende. Merito di Carlo Mornati, ex olimpionico del canottaggio e argento a Sydney 2000, ora Segretario generale del Coni e capo delegazione del team azzurro che inizia a lavorarsi il Cio anni prima per la scelta di dove far abitare gli azzurri. Alla logistica il Coni tiene moltissimo: «Avere una buona posizione – spiega Mornati – è importantissimo per il benessere e morale degli atleti e di conseguenza per i risultati». Sono in tanti gli italiani, ma non sono tutti: 340 i posti letto su 403 atleti portati a Parigi. Il problema è la distanza, la discriminante sono le date delle rispettive gare: chi ha i campi di allenamento lontani (canoa, canottaggio, tennis e i tiratori), viene alloggiato altrove. Qui la regola è la turnazione: chi finisce la propria competizione rientra in Italia entro 48 ore, e libera la camera per chi arriva. Si vive insieme, gli alloggi sono piccoli, a due letti. Di cartone spesso, e i sotto materassi sono in plastica trasparente. « Ma si dorme bene», assicurano i ragazzi. Molto apprezzato il piumino sulle brande con il logo dei Giochi, che già in molti vogliono portarsi via come ricordo. C’è cameratismo e condivisione. Sofia Raffaelli, 20 anni, ginnasta ritmica è alla sua prima Olimpiade e al suo primo Villaggio: « Lo trovo bellissimo – dice sorridendo -, emozionante. Quanta gente, che bel clima: magari trovo il fidanzato… ». Viene in mente Gregorio Paltrinieri: per lui è la quarta volta ai Giochi, ha vinto tre medaglie, una per ogni gradino del podio. A Londra 2012 era la prima volta: « Ho pranzato allo stesso tavolo di Usain Bolt: ero ipnotizzato - disse -, guardavo ogni suo gesto, ho ordinato le stesse cose che prendeva lui. Volevo dirgli qualcosa ma per l’emozione non ho aperto bocca…». Il Villaggio è un complesso costruito lungo la riva della Senna dove prima c’erano edifici industriali e magazzini, all’intersezione di tre comuni a nord di Parigi: Saint-Ouen, Saint-Denis e L’Île-Saint-Denis, alcune delle zone più povere della periferia, dove vivono soprattutto immigrati africani o francesi di terza o quarta generazione. Circa l’80% degli investimenti per i Giochi sono stati spesi proprio in queste zone, scelte perché erano già al centro di un ampio progetto di ristrutturazione. Terminate le Olimpiadi, il Villaggio lascerà posto a un quartiere con abitazioni, negozi, strutture sportive, scolastiche e spazi verdi. Ci saranno quasi 2800 nuove case per 2.000 famiglie e 800 studenti. Impressionanti i numeri: 7 anni per costruirlo, 41 gli architetti coinvolti. Per la prima volta il Villaggio Olimpico ha un asilo nido: lo chiamano Family Space. Il resto è fatto di strade, panchine, campetti d’allenamento di basket, pallamano, zone per la preghiera di ogni confessione, un ponte che divide in due le palazzine attraversando la Senna, 12 lavanderie con 600 lavatrici, un poliambulatorio pronto ad accogliere fino a 700 persone al giorno, un salone di bellezza nella Place du Village con 12 parrucchieri e 20 acconciature diverse appositamente studiate per chi fa sport offerte sul catalogo, 200 distributori di bevande, 9000 gli alberi piantati. La mensa è il vero punto d'incontro del mondo. Come disse Nadia Comaneci ricordando Montreal '’76: « Io, rumena, figlia di un meccanico e di una casalinga, ricordo la sorpresa quando in mensa mi accorsi che tutto era gratis: i cereali, la ricotta, il burro di arachidi: chi li aveva mai visti prima?». Ma da allora è cambiato tutto. A Parigi 2024 la vie en rose è diventata verde. Alcol e fumo vietati (sembra ovvio, ma non lo è), zero sprechi, addio a piatti e bicchieri non compostabili, l’80% del cibo a km zero (o quasi). “Game changer” è il nuovo menu, significa inversione di tendenza. Il ristorante più grande del mondo prepara 45 mila pasti al giorno. Niente patatine fritte in lista, ma hot dog vegetariani, melanzane grigliate, falafel di barbabietola, patate dolci con hummus. Sono Giochi responsabili. Salute e sostenibilità, anche lo sport deve fare la sua parte: mangiare bene e proteggere l’ambiente, largo alle proteine vegetali allora e addio fois gras, ma anche niente avocado, perché arriva da troppo lontano. Charles Guilloy e Stéphane Chicheri, cuochi della mensa olimpica hanno scelto così. Si alternano in cucina con tre chef, tra i quali Alexandre Mazzia (3 stelle Michelin). Cereali, verdure e pesce le sue specialità. Parigi val bene una mensa. Anche senza ostriche e champagne resta il senso del Villaggio. Sembra sabato tutti i giorni. Si passeggia, si scambiano sorrisi e spillette, si aspettano le gare. Questa è l’Olimpiade.

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