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Il momento d’oro di Wagenknecht, alla conquista di Europa e Germania estLa Cattedrale di Oristano - www.chiesadioristano.it COMMENTA E CONDIVIDI «Normalmente sono io che ascolto le vostre confessioni – ha scritto nei giorni scorsi ai suoi parrocchiani don Paolo Contini,ETF parroco di Abbasanta, Ghilarza e Norbello in diocesi di Oristano – ma oggi ho deciso di mettermi io a cuore aperto davanti a tutti voi. Voglio confessarvi la verità, la dolorosissima verità che ha turbato il mio cuore in questi due anni. A metà dicembre del 2021, accidentalmente, sono venuto in possesso delle prove certe di un crimine che ho subìto negli anni del mio seminario e senza alcuna titubanza ho immediatamente denunciato il pedofilo al mio vescovo Roberto». «Avevo 14 anni – ha aggiunto il sacerdote – quando l’incubo ebbe inizio e per anni ho dovuto subire inaudite violenze. In seguito alla mia prima denuncia, il pedofilo è stato “condannato” a due o tre mesi da trascorrere in Terra Santa. Al suo ritorno la sua diocesi lo ha promosso parroco di una parrocchia balneare, dove ogni anno transitano migliaia di bambini». «La mia – ha sottolineato don Contini – non è una battaglia contro la Chiesa. Amo la Chiesa, la servo convintamente e voglio continuare a servirla fino all’ultimo giorno della mia vita terrena. La Chiesa è un corpo sano in cui possono sorgere cellule cancerogene: i pedofili. A breve inizierà un processo giudiziale penale e sicuramente sarò impegnato cuore e anima in questo percorso. Non abbandonerò il servizio alle nostre comunità e vi assicuro il solito impegno in ogni nostro appuntamento». A questa rivelazione del parroco ha fatto seguito un comunicato dell’arcivescovo di Oristano e vescovo di Ales-Terralba, Roberto Carboni. «Il sacerdote a cui si attribuiscono gli abusi non è un sacerdote dell’arcidiocesi di Oristano ma di un’altra diocesi della Sardegna – scrive Carboni –. Padre Contini, a suo tempo, è stato da me accolto, ascoltato con attenzione e incoraggiato a formalizzare la sua segnalazione- denuncia; quindi, mi sono messo in comunicazione – così come prevede il vademecum della Congregazione per questi casi – con il vescovo dell’altra diocesi dove vive il sacerdote segnalato, a cui si attribuiscono gli abusi. È iniziato così, secondo le Linee guida del Servizio protezione minori e il vademecum del Dicastero per la dottrina della fede, l’iter previsto in questi casi: indagine previa nei luoghi dove si sono svolti i fatti, ascolto dei testimoni, invio della denuncia della vittima e della relazione risultante dall’indagine al vescovo del sacerdote segnalato, il quale, a sua volta, ha svolto altra indagine in loco e ha inviato tutta la documentazione al Dicastero per la dottrina della fede preposto a trattare i casi di abuso. Il Dicastero della dottrina della fede ha fatto le sue valutazioni sul caso e sui documenti presentati e ha ritenuto, in prima istanza, di archiviare il caso, sia per il tempo trascorso dai fatti (circa 30 anni) sia per altre considerazioni sulla documentazione. Padre Contini non ha accolto il decreto del Dicastero e ha valutato non congrue le pene canoniche che sono state date al sacerdote segnalato e ha voluto, come è suo diritto, impugnare la sentenza. La Congregazione ha accolto il suo ricorso e ha deciso di istruire un nuovo processo che verrà celebrato prossimamente in un tribunale indicato». Carboni, riconoscendo il diritto di don Contini a presentare ricorso e a volere «una maggiore chiarezza circa il suo caso», sottolinea che «quanto è stato fatto sino ad oggi (dal dicembre del 2021) dalla Chiesa e da me personalmente, supportato dal Servizio diocesano protezione minori», corrisponde «ad attenzione nei suoi confronti e all’itinerario e alla prassi che la Chiesa predispone in casi come questi».
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