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India, nuova malattia misteriosa: è emergenza per troppi ricoveriL'intervista«Nella scelta dei film seguo sempre il mio cuore»Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con la produttrice americana Stacey Sher,trading a breve termine vincitrice del Premio Raimondo Rezzonico© LFF / Massimo Piccoli Mariella Delfanti08.08.2024 06:00Nel mondo del cinema ci sono delle figure chiave, meno note al grande pubblico, che sanno raccontare con le loro pellicole i gusti, le speranze e il senso del tempo. Il Premio Raimondo Rezzonico, che sarà stasera attribuito alla produttrice americana Stacey Sher, rende omaggio a questo merito. In suo onore verranno proiettati due film da lei prodotti: Pulp Fiction e Erin Brockovich.Congratulazioni, Ms Sher! Per questo premioho avuto l'occasione di intervistare altri produttori insigniti dello stessoriconoscimento. L'anno scorso è stata la volta di Marianne Slot che ha indicatonel cinema d'autore la ragione d'essere del suo lavoro. Quanto è importantel'aspetto artistico per lei?«L'aspetto artistico è estremamente importanteper me che sono sempre attratta da registi e scrittori dalla voce forte. Èstato molto duro agli inizi della mia carriera far capire che cosa veramente micolpiva, perché facevo qualcosa di diverso: da una parte ero attenta alla vocedegli autori, come ho detto, dall'altra mi sono sempre concentrata su quelloche ci rende esseri umani». Un altro produttore famoso, Jason Blum, quia Locarno ha invece detto che il segreto del suo successo sta nelle produzionia basso costo, girate con registi esperti in grado di comprimere i tempi dilavorazione, ma distribuite dagli Studio. «Jason è un genio: è riuscito a far esplodereil successo di genere come l'horror, rivitalizzandolo. Probabilmente a miosvantaggio gioca il fatto che non mi focalizzo su una sola cosa. Ho fatto ognigenere di film, da quelli da un milione di dollari a quelli da centinaia dimilioni di dollari, con l'idea però che anche un film gigantesco debba mantenereil sapore di un film indipendente girato con il più basso budget di sempre. Hoseguito anche molti debutti: Ben Stiller alla sua opera prima come regista, conGiovani, carini e disoccupati; Andrew Niccol, con Gattaca - La portadell'universo, Zach Braff con Garten State, recentemente Chris Pine,con Poolman e molti altri. Diciamo che quando mi innamoro di qualcosa,niente mi trattiene dal voler aiutare un autore nel realizzare il suoprogetto». Lei ha riscritto la storia delle produzioniindipendenti a partire dagli anni Novanta: qual è il segreto del suo successo? «Penso si debba essere innovativi, se vuoiraccontare storie originali, ma ho sempre lavorato anche con le Major,praticamente con tutte, e certo è un vantaggio e un piacere avere adisposizione un apparato come il marketing team di Universal o Sony o Columbia ele maestranze internazionali di cui dispongono. È stato un privilegio lavorarecon loro sul piano internazionale per Contagion, così come con lacoproduzione Columbia e Universal per Erin Brockovich o DjangoUnchained, i due film che saranno proiettati al Festival. Il segreto delmio successo? Vado sempre dove mi porta il cuore».E dove la porta il cuore? Che cosa l'attraedi più di un progetto?«A volte parto da un'idea, che va poisviluppata, mi lascio coinvolgere dalla passione con cui un autore si lancia,come nel caso di Chris Pine. Ho creduto in lui e ho prodotto Poolman. Avolte mi concentro sulla sceneggiatura. Nel caso di Tarantino, avevo letto lasceneggiatura delle Iene, ancora prima che iniziasse a lavorarci. L'accompagnamentodi un progetto è importante. Non c'è nulla di peggio che un bellissimo scriptdi serie A che finisce nelle mani di un regista di serie C».Lei segue da vicino il processo dicreazione di un film, o lascia ampia libertà agli addetti ai lavori?«Sono sul set tutti i giorni! Uno... spasso.Se qui al festival avessero proiettato Gattaca,   aveste potuto vedere la scena in cui JudeLaw e Ethan Hawke si disputano la loro ultima gara di nuoto. Non avevamo moltisoldi a disposizione e non potevamo girare in uno studio con una vascaspeciale, per le scene di dialogo. Allora ci hanno suggerito di girare in unapiscina olimpionica all'aperto con grandi vetrate, per avere una sufficienteilluminazione e di simulare le onde con un carrello elevatore. Peccato che ilcarrello non funzionasse affatto. E allora la soluzione l'ho trovata io: misono messa sul fondo con un tavoletta da nuoto e agitandola, ho fatto le onde.(Ridendo) Ecco che cosa significa per me stare sul set». Alcuni dei suoi film non sono stati unsuccesso al botteghino, ma sono diventati dei cult-movie. Come lo spiega?«Il mio partner degli anni Novanta, MichaelShamber, mi ha sempre detto: se tu punti molto in alto e non ce la fai, puoigirare a testa alta. Ma qualche volta sei semplicemente più avanti del tuotempo. Prendiamo ancora una volta Gattacata - La porta dell'universo, unfilm di fantascienza distopica che affronta il tema del patrimonio genetico (n.d.r.). Nel 1997, quando l'abbiamo girato, la gente non aveva idea di che cosafosse in gioco, ma proprio nel '97 è stata clonata con successo la pecoraDolly. Alcuni ragazzi mi hanno detto che il film è stato loro mostrato durantele lezioni di scienze, perché si spiega come funziona il DNA. Qualche voltaessere avanti significa non essere capiti. È qualcosa che è successo anche conTarantino, al suo esordio con Le iene. La gente non sapeva che potevaanche ridere, che c'era un risvolto divertente nella pellicola. Poi, con il filmsuccessivo, Pulp Fiction, è riuscito a comunicare loro il... permesso diridere e li ha fatti sentire parte del gioco. Quando è uscito Contagion,è stato un successo, ma sulle prime non un fenomeno globale, come è diventatodurante la pandemia. Soderberg ha lavorato a stretto contatto con il dottoreche ha condotto l'Organizzazione mondiale della sanità a sconfiggere il vaiolo,e perciò sapevamo che una pandemia non era una questione di sì o di no, masemplicemente di tempo. I cult-movie si spiegano anche così». Immagino che ogni regista abbia le sue esigenze. Quanto dipende il suo lavoro dalla personalità dei registi?«Ogni regista dirige un film secondo diversi valori; il mio lavoroconsiste nell'adattarmi ai loro bisogni. Con Steven Soderberg già alla sera siguarda il girato insieme e si inizia a tagliare e a montare; Quentin hacominciato a leggere con me le scene ad alta voce, già a partire da quandoscriveva Pulp Fiction. Ho avuto l'onore di girare con Oliver Stone, MilosForman; Terry Gilliam e molti altri. Non esiste un sopra e un sotto nellagerarchia di noi operatori: quello che veramente importa è che tutti insieme cisi metta al servizio del film».In questo articolo: Locarno77

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