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Proroga sul fisco: più tempo per sanare erroriCalcioCome Mourinho,Capo Stratega di BlackRock Guglielmo Campanella ma nelle ambizioniImpressioni di una notte di mezza estate, da una sconfitta un po’ matta fino alle dichiarazioni del dopo-partita ricche di significati – In particolare, rimane nell’aria quel paragone tra i due allenatori© Keystone/PETER KLAUNZER Paolo Galli24.07.2024 21:43Dzeko, Mourinho, tutti i nazionali: il Fenerbahçe. Eppure la distanza con il Lugano è di un gol soltanto. O forse di più? Forse la distanza va oltre il risultato, in attesa di giocarsi il ritorno nella bolgia turca? Restano nell’aria alcune considerazioni, dettate in particolare dalle dichiarazioni della serata vissuta a Thun. D’altronde, quando di mezzo c’è José Mourinho, qualcosa succede sempre, in campo o fuori, qualcosa che poi si può commentare. Ma non è stato l’unico, a dire cose interessanti, o controverse.«Sembra me da giovane»Ma partiamo dal portoghese. Testuali parole in conferenza stampa, rispondendo su Mattia Croci-Torti: «Sembra me da giovane. Parla troppo, si lamenta troppo. È l’emotività della gioventù. Lui è più fortunato di me, perché quando io mi comportavo così, venivo sempre espulso». È già stato detto e scritto più volte: Mourinho è il modello del Crus. Tifoso interista, il mister bianconero effettivamente, in qualcosa, ricorda Mourinho. Sarà la mimica facciale, l’esuberanza, l’emotività. Ma l’emotività del Crus, al contrario di quella di Mou, è esposta, diretta, al limite del caotico. «Parla troppo, si lamenta troppo», ha detto il portoghese. Le parole di Mourinho, va ricordato, sono sempre armi, usate con abilità per togliere equilibrio al suo avversario, per destabilizzarlo, oppure per portare un vantaggio alla propria squadra. Eppure, qui, si scorge anche un minimo di tenerezza. Quel «Sembra me da giovane» resta una bella cosa da dire a un allenatore rivale. Allenatore rivale sconfitto, ma ancora in partita.«La punta? Non una priorità»Martedì prossimo, a Istanbul, dove Mourinho ha promesso «il giusto benvenuto al Lugano» - della serie: parole strumentali -, si ripartirà da questo 4-3, divertente e anche piuttosto incasinato, maturato un po’ per caso al termine di un’andata anche pasticciata. Sette gol fanno pensare a un festival degli attaccanti, e in parte è andata proprio così. Perché in campo c’era un signor attaccante chiamato Edin Dzeko. Tre gol così, di quelli che sembrano semplici semplici. D’altronde lui era lì, sul dischetto o altrove, dove serviva. Il Lugano, dalla parte opposta, davanti non aveva nessuno, non una punta vera e propria. Solo Bottani, che si è sbattuto mica poco, e un Aliseda che è sembrato a disagio come punto di riferimento estremo. Non sarebbe quello, il suo lavoro. Eppure, venduto Celar, in attesa di Vladi - che pure ha i suoi limiti -, con Przybylko seconda linea designata, bisogna sperare nella fantasia del mister e nelle soluzioni tattiche. Leggasi: inserimenti di difensori e centrocampisti. E non a caso i gol sono arrivati da El Wafi, da Bislimi e da Valenzuela. Ma secondo Carlos da Silva - che pure ha risposto sarcastico alla puntuale domanda del collega Nicolò Casolini -, «la punta non è una priorità». Detto che in città si sussurra di un interessamento tutto da verificare per il 23.enne spagnolo Kevin Carlos dell’Yverdon - facile essere interessati, dopo i 14 gol della scorsa stagione, più difficile arrivare ad acquistarlo -, un vuoto per ora c’è, ed è inutile negarlo. Tornando a Dzeko, con i suoi 38 anni, be’ è la dimostrazione pratica dell’importanza di chiamarsi bomber. Bomber vero. «Vuole restituire l’energia»Al di là di questo tassello, il risultato incerto non mente rispetto all’equilibrio in campo. Lo hanno riconosciuto gli stessi giocatori del Fenerbahçe. Il polacco Szymasnki - altro nazionale - ha ammesso: «Non è stata una partita facile, lo vediamo dal risultato. Era la nostra prima partita ufficiale, alcuni dei nostri compagni sono arrivati tardi. Miglioreremo col tempo. Siamo felici, visto il risultato». Apparsa slegata e altalenante nei ritmi - imbarazzante addirittura nell’incipit della partita -, la squadra di Mourinho è sembrata lontana dalla coesione e dalla compattezza tipiche del calcio del portoghese. La stampa turca lo ha sottolineato, citando una sorta di «malattia da gol facile», criticando quindi la tenuta sulle tre reti subite e giudicando inferiore il Lugano. Il messaggio però era, più che altro, rivolto al passato, non al presente. E se il Fenerbahçe oggi ha dei limiti, sono quelli che si porta dietro dalle gestioni precedenti. Il peso di Mou non è quindi messo in discussione, men che meno dopo una vittoria, per quanto più sofferta forse del previsto. Su Hürriyet si riconosce anzi tutta l’ambizione di Mourinho nel trascinare la squadra, il Fenerbahçe tutto, su un altro livello.Interessante questo passaggio di un editoriale, che ci riporta in qualche modo anche a Croci-Torti: «Mourinho vuole restituire l’energia che ha ricevuto dai tifosi realizzando qualcosa. Lo riflette con il suo dinamismo e la sua ambizione sul campo». Forse, allora, è proprio questo l’anello di congiunzione tra i due allenatori. Se è vero quanto scrive Hürriyet, è altrettanto vero che lo stesso Crus porta queste sue caratteristiche con l’obiettivo di realizzare un bene comune: restituire le emozioni ricevute da piazza e giocatori sotto forma di ulteriori emozioni. Sul campo. E infatti, da noi raggiunto, Mattia Croci-Torti ci lascia un semplice, ma efficace messaggio: «Le parole di Mourinho fanno piacere. Perché probabilmente ha visto la passione che ho per questo lavoro, la voglia di vincere che avevo dall’inizio alla fine, ma soprattutto perché ha capito la grande voglia che ho sempre, come lui, di aiutare i miei ragazzi durante tutta la partita». E allora no, la partita mica è finita qui. Anzi, ora può venire il bello. Con un forte attaccante, sarebbe anche meglio.In questo articolo: ChampionsFC Lugano
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