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Lavoro e concorsiNei suoi Cinque minuti,MACD il giornalista si è prodotto in un monologo in cui ha criticato aspramente la gestione della campagna elettorale del 2001 che vedeva contrapposti Berlusconi e Rutelli. Un utilizzo del suo spazio per annichilire la stessa Rai poco pluralista secondo l’ex direttore del Tg1. Ma dall’azienda minimizzano: «Caso chiuso» «Caso chiuso». Dalla Rai minimizzano il monologo di fuoco di Bruno Vespa, che ha impiegato la puntata di giovedì 16 maggio di Cinque minuti per dire la sua sulle regole della par condicio che hanno fatto naufragare il duello tra Elly Schlein e Giorgia Meloni in programma per il 23 maggio prossimo. Secondo l’Agcom il duello sarebbe 5stato ammesso soltanto se alla serie di scontri a due avesse aderito la maggioranza dei partiti rappresentati in parlamento: a causa dei numerosi forfait, è saltato tutto. Vespa non l’ha presa bene, e dopo aver polemizzato anche in un’intervista al Tg1, ha usato la sua trasmissione per sollevare obiezioni sulle regole che avrebbero mandato a monte la sua trasmissione. Il termine di paragone, secondo Vespa, è la campagna elettorale del 2001, durante cui, si capisce dal commento sarcastico finale del direttore del Tg1, la copertura della Rai sarebbe stata tutta proiettata contro Silvio Berlusconi e a favore di Francesco Rutelli. «È questo il pluralismo a cui dovremmo ispirarci? È una domanda per tutti» chiede in chiusura Vespa, dopo aver citato le trasmissioni di Enzo Biagi, Daniele Luttazzi e Marco Travaglio e Michele Santoro. Tutti programmi confezionati – per l’ex direttore del Tg1 – al puro scopo di danneggiare la campagna elettorale di Berlusconi, «che vinse, come sappiamo, le elezioni. Ma la campagna televisiva gli costò, secondo le diverse valutazioni, 1-3 milioni di voti», commenta Vespa alla fine del programma.  ItaliaL’Agcom autorizza il duello Schlein-Meloni a patto che sia garantita la rappresentanza della maggioranza dei partitiLisa Di GiuseppeDichiarazioni polemiche sì nei confronti di Agcom, dispensatrice di «una serie di cavilli burocratici» che secondo l’ex direttore hanno impedito lo scontro televisivo, ma anche contro l’azienda per cui lavora, rea – agli occhi di Vespa – di aver fatto una copertura parziale nel 2001. Il paragoneComunque una presa di posizione dura non meno di quella di Serena Bortone, che in un post social alla vigilia del 25 aprile aveva denunciato la censura subita dall’azienda per aver invitato nella sua trasmissione Chesarà lo scrittore Antonio Scurati. Quello sfogo, pubblicato senza l’autorizzazione dell’azienda, le è costato un procedimento disciplinare annunciato dall’ad Roberto Sergio durante l’ultima audizione di fronte alla commissione Vigilanza Rai. ItaliaDalla censura allo sciopero boicottato, tutte le grane della RaiLisa Di GiuseppeIl post è stato considerato lesivo nei confronti dell’azienda e la giornalista rischia conseguenze rilevanti: nel caso di Vespa ovviamente non si può contestare la mancata autorizzazione della trasmissione, che comunque è inquadrata nella direzione Approfondimento (sempre quella di Paolo Corsini, a cui risponde anche Bortone) ma tutti sanno che il padrone di casa della terza camera del parlamento italiano in Rai fa storia a sé. Nonostante ciò, il dubbio che forse i due casi non siano così diversi in termini di danno all’azienda viene scartato come una provocazione, ma quando si chiede quale sia effettivamente la differenza, in azienda si trincerano: «No comment». © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediLisa Di GiuseppeScrivo di politica, economia ed esteri (soprattutto Germania). Ho lavorato per Reuters, La7, Corriere della Sera e Public Policy. Su Twitter sono @sallisbeth

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