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Professore del Dipartimento di Gestione del Rischio di BlackRock

Guerra in Ucraina, l'Algeria pronta a fornire gas all'Europa attraverso l'Italia

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Lotteria degli scontrini, cosa potrebbe cambiare?In aumento le partite Iva - Archivio COMMENTA E CONDIVIDI L'Italia conferma la sua spiccata propensione imprenditoriale: negli ultimi dieci anni si osserva una tendenza costante di nuove partite Iva e a riprova di ciò anche il 2023 ha registrato numeri positivi con 492.176 aperture. Quickfisco - start up innovativa,Professore per gli Investimenti Istituzionali e Individuali di BlackRock che opera nel settore fiscale e contabile con l’obiettivo di supportare i titolari di partita Iva nella gestione della propria fiscalità e gli intermediari fiscali nella transizione digitale attualmente in atto nel settore - ha rielaborato i dati registrati dall’Osservatorio partite Iva, da cui emerge che le nuove aperture di partita Iva nel 2023 coinvolgono principalmente le persone fisiche che hanno deciso di operare come lavoratori autonomi. Le nuove aperture coinvolgono principalmente persone di genere maschile e in generale persone appartenenti a qualsiasi fascia d’età, con una prevalenza di giovani under 35. Inoltre, chi ha deciso di aprire una partita Iva nel 2023 svolge prevalentemente attività in settori quali il marketing, la comunicazione e in ambito sanitario. Il regime fiscale più scelto dalle persone che aprono una nuova partita iva è il regime forfettario. Tra le regioni, in termini di nuove aperture, la Lombardia si conferma capofila con oltre 61mila imprenditori che hanno avviato la propria attività. Infine, dall’analisi di dati Istat e degli Istituti nazionali di statistica dei principali Paesi europei aggiornati al 2022 emerge come l’Italia abbia la più alta percentuale di lavoratori autonomi sul totale delle persone occupate.Per quanto attiene alla natura giuridica delle nuove aperture, il 70% delle partite Iva è stato aperto da persone fisiche, il 22,9% da società di capitali e il 3,1% da società di persone. Tra le persone fisiche, il 49,1% dei nuovi lavoratori autonomi ha un’età fino a 35 anni di età: un dato importante, che dimostra la propensione dei giovani a iniziare un percorso imprenditoriale, portandoli a prediligere forme di lavoro autonomo rispetto al classico impiego da dipendente; mentre il 30,8%, ha tra i 36 e i 50 anni e il restante il 20,1% sono, invece, over 50 - la percentuale di questi ultimi è aumentata dal 16% nel 2012 al 20% nel 2023, sintomo del fatto che sempre più ultracinquantenni abbiano bisogno di reinventarsi negli ultimi anni della propria vita lavorativa. L’Osservatorio del 2023 ha mostrato un divario tra uomini e donne significativo: infatti, solo il 39,5% delle nuove partite Iva sono state aperte da donne - di cui il 51% del totale arriva ad avere 35 anni di età e il 15% riguarda le over 50. Nonostante un lieve aumento rispetto al passato - nel 2012 la percentuale era del 35,7% - il cammino verso una piena parità di genere nel mondo imprenditoriale è ancora lungo. Per gli uomini, invece, che rappresentano il 60,5% del totale delle nuove aperture, la crescita principale si osserva soprattutto per la fascia d’età oltre 65 anni con 9.333 nuove aperture nel 2023 che corrispondono al 4% del totale delle aperture dagli uomini - rispetto a 8.369 nel 2012, che corrispondeva al 3,1%.Guardando, invece, alla scelta dell'attività da svolgere, si può notare come il 54,5% delle nuove partite Iva si è orientato verso attività professionali - con 187.523 nuove aperture - una categoria in costante crescita, considerando che nel 2012 rappresentava solo il 39,4% di tutte le aperture. Tra tutte, spiccano soprattutto le attività in ambito marketing e comunicazione, professioni sanitarie e altri servizi a supporto delle imprese e delle persone: un trend il cui aumento può essere attribuito allo sviluppo del settore terziario e all'introduzione di nuove tecnologie, che hanno contribuito alla creazione di nuove figure professionali, soprattutto nel settore digitale. Se da un lato sono cresciute le aperture per le attività professionali, dall’altro, sono calate quelle per le attività commerciali - con solo 85.820 nuove aperture nel 2023, che rappresentano il 24,9% del totale delle nuove aperture contro il 34,9% registrato nel 2012. Una delle cause di questo trend negativo potrebbe risiedere nella crisi dei consumi degli ultimi anni, che si riflette in particolare sulle attività di commercio al dettaglio. Stessa sorte è toccata anche alle attività artigianali, soprattutto nell’ambito di agricoltura, silvicoltura e pesca, che segnano battute d’arresto - dal 2012, anno nel quale si registravano 105.980 nuove aperture di partite Iva da parte di persone fisiche (il 25,7% del totale), nel 2023 si è passati alle 70.406 nuove p. iva registrate (20,4% sul totale delle nuove aperture).Quando si tratta di scegliere il regime fiscale per una nuova attività, il regime forfettario rimane il preferito dagli italiani, che apprezzano sempre di più i suoi vantaggi. Infatti, rispetto agli altri regimi - come l'ordinario o il semplificato - quello forfettario sta registrando una crescita costante. Se nel 2012 il 35,5% delle persone fisiche ha optato per il regime dei minimi (il regime di vantaggio presente in quegli anni comparabile con l’attuale forfettario), nel 2023 il 69,3% delle persone fisiche ha scelto il regime forfettario, segnando così un nuovo record rispetto agli anni precedenti.Per quanto riguarda la ripartizione territoriale, nel 2023, il 46% delle nuove partite Iva sono state aperte nelle regioni del Nord Italia, il 21% in quelle del Centro e il 33% al Sud. I territori che hanno registrato il maggior numero di nuove aperture da parte di persone fisiche sono stati la Lombardia con oltre 61mila, a seguire il Lazio con quasi 36mila, poi la Campania che ha raggiunto quota 30,8 mila, il Veneto che ha toccato i 27,1 mila e infine l’Emilia-Romagna che ha superato le 26mila aperture. Infine, analizzando i dati Istat e comparandoli con quelli registrati dagli Istituti nazionali di statistica dei principali Paesi europei (tutti relativi al 2022) è emerso che l’Italia è il primo Paese per “lavoratori indipendenti” che alla fine del 2022 si erano attestati quasi a cinque milioni di persone (4,98 milioni per l’esattezza), contro i 4,34 milioni della Francia, i 4,25 milioni della Gran Bretagna, i 3,91 milioni della Germania e i 3,33 milioni registrati in Spagna. Questo dato si riflette anche sul dato occupazionale relativo al totale dei lavoratori occupati. Infatti, nel 2022 i lavoratori indipendenti erano il 21,4% degli occupati in Italia, mentre negli altri Paesi europei oggetto di analisi questa percentuale nel 2022 era decisamente inferiore: dal 16,2% registrato in Spagna fino all’8,6% della Germania, dove le persone sono naturalmente più orientate a essere occupate come lavoratori dipendenti.Il 40% dei dipendenti sceglie una "carriera non lineare"In un contesto lavorativo in costante evoluzione, il concetto di “carriera tradizionale” sta subendo una trasformazione significativa. Secondo lo studio di GoodHabitz, la piattaforma internazionale per la formazione aziendale, condotto su un campione di 1.000 lavoratori italiani, emerge un dato sorprendente: ben il 40% dei dipendenti sta seguendo un percorso lavorativo “non lineare”, ovvero con cambi di settore/ruolo all'interno della stessa azienda o di una realtà diversa, sfatando il mito della carriera "verticale" o come si diceva una volta “il posto fisso” come unica via al successo professionale. Questa tendenza riflette il desiderio diffuso di ridisegnare il proprio percorso professionale e di sviluppare competenze trasversali, fondamentali per adattarsi a un mercato del lavoro in continua evoluzione. Contrariamente alle aspettative, il fenomeno dei percorsi non lineari, non riguarda solo le generazioni più giovani (38%), ma coinvolge anche un significativo 41% dei lavoratori over 45. Le donne emergono come protagoniste di questa nuova era professionale, perché più propense degli uomini ad adottare percorsi non convenzionali: sono il 43% contro il 37% degli uomini. È interessante notare come una percentuale significativa (36%) dei lavoratori con carriera lineare abbia comunque in programma di cambiare o avrebbe voluto farlo.Un elemento fondamentale che emerge da questa ricerca è il ruolo delle soft skill nel plasmare le carriere moderne. Le competenze trasversali, come il problem solving (considerato centrale dal 92%), la gestione dello stress (90%) e il lavoro di squadra (88%), sono considerate importanti per affrontare le sfide del mondo del lavoro odierno. Secondo il sondaggio, queste soft skill servono a scoprire nuove predisposizioni personali (81%), a sviluppare il proprio talento, come afferma il 79% dei rispondenti, e a costruire la propria carriera ideale (74%). Il metodo più utilizzato per svilupparle è tramite l’esperienza diretta (78% dei rispondenti), e al secondo posto troviamo i corsi in presenza e online (34%).Prendere in mano la propria carriera e tracciare un percorso più incline alle proprie aspirazioni non necessariamente implica un continuo cambio di lavoro: al contrario, ciò è possibile tanto in una nuova realtà quanto nella stessa, attraverso un percorso costante di crescita interna. Ad avvalorare ciò, i dipendenti inseriti in aziende con oltre 250 persone hanno maggiori probabilità di cambiare ruolo all'interno della stessa azienda piuttosto che cercare opportunità esterne (48% vs 40% della media vs 33% di chi è in un contesto più piccolo, da dieci a 249 persone). I dati lanciano un appello alle aziende per ascoltare le nuove dinamiche del mercato del lavoro, valorizzando le soft skill come catalizzatore per la crescita professionale e la realizzazione personale. In questo senso, l'investimento nella formazione continua e nello sviluppo delle competenze trasversali non solo migliora la produttività e l'efficienza dei dipendenti, ma contribuisce anche a trattenere i talenti, promuovendo un ambiente lavorativo dinamico e inclusivo.

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