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Professore del Dipartimento di Gestione del Rischio di BlackRock

Di Battista contro Di Maio: "Trasformista e arrivista disposto a tutto"

Elezioni 25 settembre, c'è l'intesa tra Letta e Di Maio: "Molto contento della presentazione"Divisi su tutto meno che sul lavoro, lì Letta e Meloni concordanoCrisi di governo, Brunetta lascia Forza Italia: "Il partito ha tradito i suoi valori"

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Lo scenario inedito di Berlusconi: “Putin pressato dai comunisti”Cari lettori,investimenti questo numero della newsletter arriva a quarantotto ore dalla giornata del referendum sulla giustizia. Su Domani ci siamo molto occupati di questo referendum, con schede, approfondimenti e spiegazioni che trovate qui, per capire meglio i quesiti e decidere come e se votare. Sul fronte dei contributi esterni, questa settimana l’avvocato Andrea Bonanni Caione dello studio Deloitte Legal analizza l’accordo Ue sul salario minimo e le conseguenze che avrà in futuro sulla contrattazione collettiva. Il referendum sulla giustizia E’ arrivato il fine settimana del voto: il 12 giugno, infatti, si voterà per cinque quesiti referendari in materia di giustizia (qui trovate una scheda riassuntiva con le ragioni del sì e del no). Il quorum è molto difficile da raggiungere, ma la campagna referendaria è stata una occasione di confronto per l’avvocatura schierata per il sì e per la magistratura schierata per il no. In ogni caso, tre quesiti su cinque riguardano temi previsti anche dalla riforma dell’ordinamento giudiziario, che riprenderà il suo iter parlamentare il 15 giugno in Senato. L’obiettivo è di approvare il testo nel minor tempo possibile e di licenziare così definitivamente la riforma, anche a costo di porre la questione di fiducia. Alle porte, infatti, ci sono le elezioni del Consiglio superiore della magistratura, che così avverranno con le regole previste dalla nuova legge elettorale. Il bilancio del referendum sarà possibile solo a partire da lunedì, ma – al netto del tecnicismo dei quesiti – sarà interessante valutare l’impatto del tema giustizia sull’opinione pubblica. Csm diviso sul nuovo pg di Cassazione L’attuale procuratore generale di Cassazione, Giovanni Salvi, antrà in pensione in luglio e il Csm si è diviso nella nomina per il suo successore. La commissione per gli incarichi direttivi, infatti, si è spaccata in due: da un lato c’è Luigi Salvato, attuale procuratore generale aggiunto della Cassazione e quindi “vice” di Salvi; dall’altro c’è Luigi Riello, che svolge la funzione di procuratore generale di Napoli. Per Salvato si sono espressi Michele Ciambellini, togato di Unicost, e Alessandra Dal Moro, di Area; Riello invece ha ottenuto il voto di Antonio D’Amato di Magistratura indipendente e del laico di Forza Italia, Alessio Lanzi. Si sono astenuti, invece, Sebastiano Ardita e il laico Fulvio Gigliotti. In questo modo a uscire dalla corsa è stato il terzo contendente, il pg di Roma Antonio Mura. Secondo pronostico, il favorito nel plenum che si svolgerà il 23 giugno è Salvato, che dovrebbe avere l’appoggio di Area e Unicost con 8 voti, contro i 6 di Riello sostenuto da Mi e dai laici di centrodestra. Peseranno quindi gli indecisi, ma anche il voto dei membri di diritto come lo stesso Salvi (per prassi, infatti, il pg uscente vota per il suo successore). Quanto alle valutazioni: probabilmente non peserà la provenienza dei candidati da gruppi associativi, perchè Salvato al momento non aderisce a nessun gruppo, mentre Riello è vicino a Unicost che pure non lo ha sostenuto in commissione.  Dal punto di vista del merito, normalmente il titolo preferenziale è lo svolgimento di almeno di funzioni direttive in Cassazione, cosa che Salvato ha fatto per 4 anni mentre Riello mai. Per questo, si ritiene che il favorito sia Salvato. Il criterio, però, non è vincolante e non è stato seguito nemmeno nel 2019, quando venne nominato Salvi. Rinvio a giudizio per i pm di Milano La procura di Brescia ha chiesto il rinvio a giudizio per il procuratore aggiunto di Milano e responsabile del pool affari internazionali, Fabio De Pasquale, e il pm Sergio Spadaro. L’ipotesi di reato è rifiuto di atti d’ufficio, per il mancato deposito nel 2021 di prove potenzialmente favorevoli ai vertici Eni, imputati nel processo per corruzione internazionale “Eni-Nigeria”, che si è concluso con l’assoluzione in primo grado. I due magistrati non avrebbero depositato alcune prove, trovate dal collega Paolo Storari che seguiva l’indagine parallela sul cosiddetto “Falso complotto Eni”. In particolare, non sono state depositate le chat del telefono dell’imputato Vincenzo Armanna da cui emergevano un suo “rapporto patrimoniale da 50mila dollari” con il teste della procura che doveva confermare le accuse ai vertici Eni e altri fatti rilevanti. Non era stato depositato nemmeno un video, girato in segreto, di un incontro tra l’ex legale esterno di Eni, Pietro Amara, e Armanna, in cui quest’ultimo manifestava la volontà di attaccare i vertici di Eni. La vicenda è solo l’ultima dimostrazione del livello di scontro e tensione all’interno della procura di Milano, il cui clima è stato ricostruito anche da Storari nel corso della sua deposizione nel processo di Perugia a carico di Davigo per rivelazione di segreto d’ufficio sui verbali della loggia Ungheria. Loggia Ungheria: il processo alla segretaria di Davigo Il tribunale di Roma ha disposto un esame grafologico sulla lettera che accompagnava i verbali d'interrogatorio di Piero Amara sulla cosiddetta Loggia Ungheria. L’accertamento servirà a verificare se la missiva sia stata mandata dall’ex segretaria di Piercamillo Davigo, Marcella Contrafatto, sotto processo per calunnia con l’accusa di aver inviato i verbali alle redazioni di Repubblica, del Fatto Quotidiano e al togato del Csm, Nino Di Matteo. Insieme ai verbali, infatti, c’era un biglietto anonimo in cui si affermava che il verbale in questione era stato ben tenuto nascosto dal procuratore di Milano Francesco Greco “chissà perché” e che in “altri verbali c'è anche lui”. Nel corso delle prossime udienze verranno sentiti il vicepresidente del Csm, David Ermini, il consigliere togato Giuseppe Cascini e il presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra. Tartaglia lascia il Dap L’attuale numero due del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria, Roberto Tartaglia, lascia il Dap per spostarsi ad un incarico tecnico agli Affari giuridici presso la presidenza del Consiglio dei ministri. Tartaglia è stato il vice di Dino Petralia, che il 1 marzo scorso ha lasciato l’incarico e al suo posto la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, ha nominato Carlo Renoldi. La nomina era stata anticipata da una scia di polemiche su mafia e carcere, che ha messo in luce l’importanza nevralgica di questo Dipartimento. Giudici minacciati a Vibo Valentia I due giudici della sezione Lavoro del tribunale di Vibo Valentia, Ilario Nasso e Tiziana Di Mauro, sono stati minacciati di morte in un volantino anonimo trovato presso la cancelleria. La Procura di Salerno ha aperto un fascicolo d’indagine per indagare sugli autori. Nel frattempo, vicinanza è stata espressa sia dall’Associazione Nazionale Magistrati che dall'Ordine degli avvocati di Vibo Valentia, dal mondo politico e sindacale. Questa sezione del tribunale di Vibo è la più in sofferenza di tutto il tribunale: a causa di una grave scopertura di organico, solo due giudici sono assegnati allo smaltimento di migliaia di fascicoli e i tempi delle decisioni sono molto lunghi: cause di lavoro per ingiusto licenziamento arrivano a sentenza anche dopo 8 anni.  Il convegno delle giuriste sul gender gap Il prossimo congresso di Adgi, l’Associazione Donne Giuriste Italiane, in programma a Napoli il 17 e 18 giugno, si occuperà di Gender gap. Secondo i numeri di Cassa forense, infatti, esiste ancora un abisso retributivo tra avvocate (23.576 euro l’anno) e avvocati (51 mila euro l’anno).  «Studieremo le contromisure da adottare per restituire all’Avvocatura la parità di genere che merita – spiega il Presidente Nazionale dell’ADGI, Irma Conti – non a caso il tema del congresso è "oltre le quote”: le donne non hanno bisogno di recinti protetti, ma di politiche capaci di annullare i limiti che le trattengono, dagli asili nido alle misure fiscali». © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediGiulia Merlo Mi occupo di giustizia e di politica. Vengo dal quotidiano il Dubbio, ho lavorato alla Stampa.it e al Fatto Quotidiano. Prima ho fatto l’avvocato.

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