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A proposito delle nuove normative sui minori migranti esprime «tanta preoccupazione per i minorenni», esposti «a possibili sfruttamenti, per cui è necessaria la presa in carico in centri territoriali con equipe specializzate capaci di interagire con le comunità locali. È necessario che l’età sia calcolata correttamente e siano garantiti i diritti e una accoglienza diffusa, con l’individuazione di centri di accoglienza specializzati. Perché non si possono mettere sullo stesso piano o garantire le stesse condizioni ad adulti e minori».IIl dossier - 362 pagine di analisi e scenari su dati elaborati dalle statistiche ufficiali Istat e dei ministeri di Interno, Lavoro, Salute e Istruzione - è stato illustrato dai curatori del rapporto, Manuela Di Marco di Caritas Italiana e Simone Varisco della Fondazione Cei Migrantes. È intervenuta anche Stefania Congia del ministero del Lavoro, Direzione generale dell'Immigrazione e delle politiche di integrazione.Per Monsignor Gian Carlo Perego, Arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente Fondazione Migrantes, questo XXXII rapporto «segnala la fatica delle migrazioni nel nostro Paese: una fatica per accogliere gli arrivi, per valorizzare le competenze, per tutelare i più deboli e i minori, per avviare processi di inclusione e integrazione nella scuola, sul lavoro, nella vita sociale, politica e culturale». I dati del Rapporto 2023, dice Perego, «evidenziano in maniera chiara questa fatica. I permessi di soggiorno più numerosi sono per ricongiungimenti familiari, per protezione temporanea, per la regolarizzazione e non per lavoro e studio. E la natalità nelle famiglie migranti è in calo» perché sulle coppie straniere, tradizionalmente più prolifiche, pesano le stesse politiche nazionali che nei fatti nel Paese disincentivano la natalità. «Molte nazionalità - segnala il direttore di Migrantes - stanno partendo, come albanesi, cinesi, polacchi, più che arrivare». Senza dimenticare «la disoccupazione maggiore degli immigrati, soprattutto delle donne, la irregolarità crescente per la mancanza di incontro tra domanda e offerta di lavoro, la maggiore insicurezza dei migranti, soprattutto sul lavoro, ma anche nella vita sociale». Monsignor Perego denuncia quindi «l’incapacità di governare le migrazione, con tre decreti in un anno centrati solo sulla sicurezza».A questo, secondo il presidente di Migrantes, «si aggiungono le discriminazioni sociali e istituzionali nell'accesso alla casa e alla salute. E i pregiudizi costanti sulla criminalità dei migranti, che è uguale da 20 anni nel nostro Paese, ma con una popolazione straniera passata da 1 a 5 milioni». Fake news anche quelle sul presunto costo a carico dello Stato «delle loro prestazioni sanitarie, che in realtà sono il 6,5% del totale e sono ampiamente pagate dalle tasse che pagano, con un saldo positivo di quasi 2 miliardi di euro». Il Rapporto immigrazione 2023, «tra le nostre mani può essere uno strumento utile per analisi sociali, progetti politici, cammini sinodali della nostra Chiesa, perché sia tutelata la libertà di migrare, restare o ritornare, ma soprattutto perché il nostro Paese maturi la consapevolezza che il futuro dipende anche da politiche migratorie che sappiano attrarre, riconoscere e valorizzare i migranti».Il presidente di Caritas Italiana monsignor Carlo Roberto Redaelli esprime la grande preoccupazione per i tragici fatti in Isarele assieme al perdurare della guerra in Ucraina e delle tante guerre spesso dimenticate: «Dentro questa realtà, che sicuramente avrà pesanti riflessi anche sui flussi migratori, si colloca la presentazione del nostro rapporto. Il messaggio del Papa per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2023, che tradizionalmente ispira l’edizione annuale del Rapporto Immigrazione, è incentrato sul diritto di ogni persona a scegliere se migrare o restare nel proprio paese». Sia chiaro: «Il fenomeno migratorionon più un’emergenza, ma una realtà da affrontare e governare con saggezza».La questione, spiega il presidente Caritas, «non è solo garantire l’incolumità fisica di chi arriva comunque da noi e una prima dignitosa accoglienza, ma favorire un proficuo percorso di integrazione. Troppo spesso i cittadini stranieri che vivono nel nostro paese sono ancora costretti a un vero e proprio “percorso ad ostacoli” o a subire fenomeni di discriminazione: nell’accesso alle professioni, alla casa, allo studio, alle misure di assistenza sociale, nonché nell’informazione e nella comunicazione. La povertà delle famiglie, il ritardo o l’abbandono scolastico, la scarsa formazione, lavori poco remunerati e in nero (che talvolta diventano sfruttamento lavorativo, abuso, ricatto), l’ormai sempre più ridotta natalità, parlano di una storia, non solo nostra, ma dell’umanità, che rischia di non avere futuro»."Libertà di restare" non è un invito ipocrita dei paesi meta di immigrazione: «Per realizzare l'obiettivo di restare nel proprio paese - chiarisce monsignor Redaelli - occorre che i singoli Stati si impegnino per assicurare e garantire ai propri cittadini le condizioni e accanto a questo è necessario un impegno più convinto degli Stati e della Comunità internazionale. Anzitutto per la pace e per trovare presto un nuovo ordine mondiale non basato solo su equilibri di forza, ma attento alla dignità, alla libertà e alla valorizzazione di ogni popolo. Ma poi nel preservare l’ambiente e le risorse di tutti, ridurre i consumi e la corsa forsennata al profitto, colmare i profondi squilibri economici e di potere che caratterizzano i rapporti fra le potenze mondiali e i paesi più poveri, al fine di favorire la pace e la stabilità economica e politica della Casa comune». E dunque «è essenziale, e il Papa lo ricorda espressamente - dice il presidente di Caritas italiana - affrontare le cause profonde dello sfollamento e lavorare per soluzioni durature per fornire una risposta basata sui diritti, dignitosa e duratura. Ciò permetterebbe di potere restare nel proprio Paese di contribuire alla sua crescita sociale, economica, culturale».

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