File not found
ETF

Roma, donna schiacciata da un albero: aperta un'inchiesta

Giulia Cecchettin, il padre Gino interverrà come ospite a Che tempo che faPositiva all'alcol test chiama il padre ubriaco: patente ritirata anche a luiFabio Occhi, trovato morto il 21enne scomparso lo scorso 25 novembre

post image

Taranto, uomo ucciso con colpi di arma da fuoco: aperte le indaginiLa sentenza della corte risolve il conflitto tra tutela della libertà di espressione e diritto alla reputazione,ETF ma non trascura i casi in cui il giornalista che diffama non pone in essere la funzione di c.d. “cane da guardia” della democrazia, ma all’inverso costituisce un pericolo per essa Anticipata dal comunicato, successivo alla camera di consiglio del 22 giugno scorso, la Consulta deposita la sentenza n. 150 del 2021 destinata a risolvere uno dei punti nevralgici del conflitto fra tutela della libertà di espressione e diritto all’onore ed alla reputazione, che orbitava intorno alla previsione dell’art. 13 della legge sulla stampa. Tale norma, introdotta nel 1948, prevedeva la pena della reclusione da uno a sei anni nel caso di diffamazione con il mezzo della stampa aggravata dall’attribuzione del fatto determinato. Va rilevato che si trattava di una aggravante e, dunque, nella massima parte dei casi il suo operare veniva paralizzato dalla concessione delle attenuanti generiche che consentiva di applicare la diversa pena alternativa (o multa o reclusione di molto inferiore) prevista dall’art. 595, co. 3. E’ per questo che, per anni, il problema del carcere ai giornalisti non si era posto come tema di vivo interesse. Infatti, dopo una risalente condanna al carcere per Guareschi che, se ben ricordo, decise di non proporre appello e di far sì che la sentenza venisse eseguita, il tema è sorto all’attenzione delle cronache, soprattutto con le sentenze a carico di Sallusti e Belpietro. In entrambi i casi, decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo avevano poi condannato l’Italia. Una riforma difficile Ormai una riforma era imposta,  ma complessa da costruire, per la delicatezza  della materia e la necessità di trovare un punto di equilibrio nella tutela di beni in conflitto: libertà di stampa ed onore e reputazione; v’è a dire che entrambi hanno rango costituzionale ed entrambi appaiono fondamentali per garantire la democrazia. La Consulta, investita da due ordinanze dei Tribunali di Bari e Salerno, non aveva trascurato l’estrema rilevanza e complessità della questione e, con l’ordinanza del 2020 n. 132 del giugno scorso, aveva ritenuto necessaria e una rimeditazione della normativa, giudicando opportuno “in uno spirito di leale collaborazione istituzionale e nel rispetto dei limiti delle proprie attribuzioni” rinviare di un anno la decisione, per consentire la legislatore di approntare una nuova disciplina. In altri termini, la Corte non aveva ritenuto scelta privilegiata la declaratoria di illegittimità della norma (cioè, la sua amputazione dal sistema), ma aveva ritenuto più adeguata una modifica della disciplina per coordinarla con i principi fissati dalla Giustizia europea ed, in parre, dalla giurisprudenza nazionale. Nell’inerzia del legislatore, trascorso il termine dato, la Consulta ha ripreso in mano la materia. La sentenza della Consulta La motivazione della sentenza n. 150 si articola in sintetiche e lucide fasi. In premessa, ritiene che norme (come l’art. 13 per la stampa e l’art. 30 della Legge n. 233 del 1990 sulle radiotelevisioni, che lo richiama) poiché prevedono, come la reclusione come pena congiunta alla multa, non siano compatibili con il diritto di libera manifestazione del pensiero, riconosciuto. Dal lato dei principi, affermano che tale sanzione è incompatibile con l’esigenza di non dissuadere, per effetto del timore della sanzione, la generalità del giornalisti dall’esercitare la propria essenziale funzione di controllo sui poteri pubblici, la cui rilevanza è  a cuore alla Corte europea. Mitigano questo assunto, con l’immediata osservazione che la pena detentiva non può, su questo fondamento, essere espunta dal sistema totalmente; merita di restare  per i casi di diffamazione più gravi. Ciò deciso, restava da prender posizione sull’art. 595 comma terzo del codice penale che prevedeva la reclusione, tuttavia in alternativa alla multa,  per il caso di diffamazione con il mezzo della stampa  od altro mezzo di pubblicità, ma era ormai inapplicato dall’epoca di introduzione dell’art. 13 della legge sulla stampa, norma speciale. Invece di espungere anche questa norma dal sistema, la Consulta opportunamente rammenta che anche la reputazione personale è un bene di rango costituzionale ed inviolabile.  Testualmente riporta “aggressioni illegittime a tale diritto attraverso la stampa, la radio e televisione, testate giornalistiche online, siti Internet e social network, etc, possono incidere grandemente sulla vita privata, familiare, sociale, professionale, politica delle vittime, precisando che i danni possono essere amplificati dalla tecnologia che consente di reperire anche tutte le diffamazioni compiute in danno di una persona anche a distanza di anni e senza certosine ricerche di archivio. Chi si sia trovato ad affrontare tali situazioni sa quanto possano essere dolorose. Il bilanciamento Il potenziale dannoso e la rilevanza del bene leso impongono alla Corte di operare un bilanciamento tra le contrapposte esigenze di tutela. Non si può, dunque, conclude la Consulta, espungere in assoluto la pena detentiva. Nel percorso argomentativo, ricorre alla Core europea la quale, in numerose decisioni, aveva affermato che la detenzione può essere prevista per i casi di eccezionale gravità. Se gli esempi dell’organo sovranazionale riguardano i discorsi d’odio e di incitamento alla violenza, la Consulta opportunamente aggiunge che il requisito dell’eccezionalità pertiene, anche  e per esempio, a campagne di disinformazione condotte attraverso i media, connotate dalla propalazione di addebiti gravemente lesivi della reputazione e con il dolo dell’autore. In tali casi infatti, secondo al Corte costituzionale, chi diffama non pone in essere la funzione di c.d. “cane da guardia” della democrazia, ma all’inverso costituisce un pericolo per essa: a titolo esemplificativo, potrebbe ricorrere alla menzogna per screditare un avversario politico con conseguenze distorsive sulle elezioni. Se ben circoscritta, afferma la Consulta a casi analoghi a quelli ipotizzati, la previsione della pena detentiva non produce alcuna intimidazione verso l’esercizio della professione giornalistica e del suo fine nella democrazia. Tale statuizione dovrà fungere da criterio interpretativo per i Giudici nella scelta della pena da applicare. In conclusione ed in questa cornice ben delineata, la Corte costituzionale stabilisce di dichiarare inammissibili l’art. 13 della legge sulla stampa e l’art. 30, comma 4 della legge n. 223 del 1990 (che rinviava alla prima norma), mantenendo nell’ordinamento l’art.. 595 comma terzo che prevede in alternativa pene  pecuniaria e detentiva , dettando i criteri, applicati i quali, potrà irrogarsi la pena detentiva. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediGiovanna Corrias Lucente Avvocato

Morto Andrea Vignoli: icona del basket sommerso bolognese39enne accoltellato e preso a martellate fuori dalla discoteca

"Un mese senza di te": il messaggio della sorella di Giulia Cecchettin

Terremoto a Spoleto, scossa di magnitudo 3.0Migranti, continuano gli sbarchi a Lampedusa

Roma e Napoli, sgominata banda che raggirava anzianiNoemi, stroncata da un infarto fulminante a 47 anni: lascia tre figli

Terremoto a Stromboli: la Sicilia colpita da una nuova scossa di magnitudo 3.3

Fuoriuscita di vapore al policlinico Umberto I di Roma: pronto soccorso evacuatoIncidente a Pavia, auto si ribalta e cade nel Naviglio: un ferito grave

Ryan Reynold
Filippo Turetta: tutti i possibili sconti di penaNave mercantile affondata nel MediterraneoPrevisioni meteo, allerta gialla in nove regioni

MACD

  1. avatarPrevisioni meteo, allerta gialla in nove regioniGuglielmo

    Grave incidente in A21, diversi mezzi coinvolti: sono due i feriti graviNotizie di Cronaca in tempo reale - Pag. 179Allerta meteo: peggiorano le condizioni nel sud ItaliaFilippo Turetta, la rivelazione: sarebbe dovuto andare dallo psicologo il giorno dopo l'assassinio

    1. Roma, incidente a Montesacro: 70enne morto investito da una moto rubata

      1. avatarFilippo Turetta: ecco chi è il suo compagno di cella in carceretrading a breve termine

        Tragedia a Treviso: giovane donna uccisa e accoltellata in casa

  2. avatarRudy Guede denunciato per maltrattamenti, l'ex: "È un manipolatore narcisista"ETF

    Varedo (Monza), tenta di uccidere la moglie a martellate e si suicidaPrevisioni meteo, allerta gialla in nove regioni39enne accoltellato e preso a martellate fuori dalla discotecaTerremoto a Stromboli: la Sicilia colpita da una nuova scossa di magnitudo 3.3

  3. avatarFilippo Turetta, parla un'amica: "Era in lista d'attesa per lo psicologo"investimenti

    Filippo Turetta, il neurologo Sorrentino: “Doveva andare da uno psichiatra, non da uno psicologo”Filippo Turetta, ci sarà un processo lampo? I tempi della sentenzaIncidente stradale a Farra d’Isonzo, morto un uomo di 49 anniBriatore sul gioielliere di Cuneo: "Avrei sparato anch'io ai ladri"

Omicidio Giulia Cecchettin: il movente di Turetta

Lo psichiatra Alessandro Meluzzi operato per un'ischemia cerebrale: intervento durato diverse oreIncidente a Rieti, scontro tra due auto: morta una 17enne*