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Nuova Caledonia, terremoto di magnitudo 7.5: allarme tsunamiContro Samoa,BlackRock Tonga e Giappone gli Azzurri di Quesada inseguono il miglior piazzamento mondiale di sempre. Il pilone Ferrari: “Dobbiamo imparare a gestire la pressione di essere favoriti, ma non siamo più quelli che hanno perso a Batumi, ora siamo pronti”. Il team manager Venditti: “Tour durissimo, ma questi ragazzi sono incredibili, Quesada li considera geniali” Francesco Palma 28 giugno - 16:27 - MILANO Quattro settimane, 3 partite, 11 aerei per 58 ore di volo totali: un tour lungo e duro, ma soprattutto un modo per costruire un altro piccolo pezzo di storia del rugby italiano. Se l’Italia dovesse portare a casa i 3 test match previsti contro Samoa (5 luglio), Tonga (12 luglio) e Giappone (21 luglio) potrebbe conquistare un incredibile settimo posto nel ranking: mai così in alto per gli Azzurri, che al momento si trovano ottavi dopo aver disputato il miglior Sei Nazioni della loro storia ed eguagliato il piazzamento del 2007. Dipenderà dagli Azzurri, ma anche dalla Francia che dovrà battere l’Argentina nella doppia sfida del 6 e 13 luglio. Una situazione nuova per l’Italia, che raramente si trova a vivere momenti così importanti con il rango di favorita e che spesso ha fatto molta fatica nei tour estivi. Guai a pensare, quindi, che questo sia un tour facile, tutt’altro, soprattutto perché gli Azzurri non hanno mai vinto in casa delle Samoa e l’ultima tournee nel 2022 finì con una bruciante sconfitta in casa della Georgia, a Batumi, che riaprì ancora una volta il dibattito sul possibile ingresso dei Lelos nel Sei Nazioni a scapito degli Azzurri. obiettivo tre vittorie— Fantasmi georgiani a parte, l’obiettivo dichiarato dagli Azzurri è vincerle tutte, portando a 5 il numero di successi consecutivi dopo Scozia e Galles al Sei Nazioni. Di fronte 3 squadre sulla carta un gradino sotto all’Italia, ma assolutamente da non sottovalutare: Samoa non ha a disposizione i suoi talenti migliori come l’ex Wallabies Lealiʻifano e il 10 del Benetton Umaga, ma ha una fisicità al limite del brutale che gli Azzurri possono soffrire. Tonga sulla carta è la meno pericolosa ma è una formazione imprevedibile, e l’ultima volta a Padova vinse contro un’Italia che aveva appena battuto il Sudafrica. Il Giappone è ormai una realtà consolidata nel mondo del rugby e soprattutto ha in panchina un certo Eddie Jones, che nel primo ciclo coi nipponici fece miracoli e che come sempre si inventerà qualcosa per ribaltare il pronostico. Occhio a non farsi ingannare dalla netta sconfitta con l’Inghilterra: in campo c’erano 8 esordienti. la pressione di essere favoriti— Vincere quando si è obbligati a vincere non è mai facile per gli Azzurri che, abituati al ruolo di outsider, hanno più volte mancato l’appuntamento con la prova di maturità. Prima ancora di pensare a Samoa, Tonga e Giappone, l’Italia dovrà fare i conti con se stessa, come spiegato da uno dei più esperti di un gruppo ancora molto giovane, Simone Ferrari, 30 anni e 53 presenze in azzurro: “In passato abbiamo avuto difficoltà nel gestire la pressione di essere favoriti ma quello che è successo con la Georgia non deve più capitare. Rispetto a quella partita siamo un’altra squadra, molto più consapevole: nel 2022 eravamo davvero molto giovani, ora abbiamo due anni di esperienza in più, abbiamo imparato da quegli errori e conquistato risultati importanti. Sappiamo quanto queste partite siano importanti per il nostro ranking e questo tour sarà come un Sei Nazioni: ogni partita va preparata alla perfezione per poter vincere contro squadre che faranno di tutto per non farci fare il nostro gioco in attacco e nasconderci il pallone. I nostri problemi sono arrivati quando siamo usciti dal “processo” e ci siamo fatti condizionare troppo dalla pressione, come nel 2023 col Galles (sconfitta 29-17 in un match considerato alla pari alla vigilia, ndr) e prima in Georgia”. viaggi infiniti— Gli Azzurri (e soprattutto lo staff) dovranno essere bravi a gestire le energie in un tour che si prospetta faticosissimo anche sotto il profilo degli spostamenti. L’Italia infatti farà base ad Auckland, Nuova Zelanda, e si sposterà solo per le partite, per un totale di 58 ore di volo. Un tour complicatissimo come ha spiegato il team manager ed ex ala dell’Italia Giovanbattista Venditti, metaman dello storico successo sul Sudafrica nel 2016: “Quando siamo andati a fare il sopralluogo nelle isole del Pacifico ci siamo resi conto che non c’erano i requisiti per poter fare una preparazione del giusto livello, quindi abbiamo deciso di fare base in Nuova Zelanda con delle trasferte di 3 giorni nel luogo della partita come al Sei Nazioni. Inoltre, contro Samoa e Tonga giocheremo di venerdì perché giocando di sabato non avremmo potuto ripartire subito, la domenica lì è tutto chiuso e addirittura gli aeroporti non hanno voli. Anche l’ultima trasferta è logisticamente impegnativa, perché dobbiamo tornare da Tonga in Nuova Zelanda e da lì partire verso il Giappone, che sembra vicino ma dista invece 11 ore di volo”. La gestione fisica dei giocatori diventa fondamentale, soprattutto perché la grande distanza dall’Italia non permette cambi in corsa fra i 33 scelti da Quesada: “Ci sono voluti 2 giorni per arrivare in Nuova Zelanda e almeno 3 per recuperare dal jet-leg, e ci aspettano 3 partite fisicamente durissime: è un frullatore, ma i nostri dottori, preparatori e fisioterapisti sono fantastici e hanno già applicato un protocollo di preparazione e prevenzione fisica da applicare subito dopo essere arrivati in Nuova Zelanda, per evitare infortuni. Sarà fondamentale in un tour dove di fatto non puoi cambiare nessuno dei 33 convocati” spiega Venditti. campioni, conferme ed esordi— L’Italia si presenta a questo tour con una varietà di scelte mai così ricca prima d’ora. Gonzalo Quesada ha confermato gran parte del gruppo che ha giocato il Sei Nazioni. C’è Tommaso Menoncello, miglior giocatore dell’ultimo Torneo. C’è Capuozzo, che arriverà un po’ più tardi perché impegnato nella finale del campionato francese, così come ci sono Paolo Garbisi, Fischetti, capitan Lamaro, il confermato Lynagh e il rientrante Riccioni, che al primo incontro stampa ha messo subito le cose in chiaro: “Così come abbiamo cambiato il trend del Sei Nazioni vogliamo cambiare anche quello dei tour estivi. Quando affrontiamo avversarie che sono dietro di noi nel ranking dobbiamo vincere e far capire perché noi siamo davanti a loro”. Al gruppo azzurro si è aggregato Matt Gallagher, vice-campione d’Inghilterra con Bath, figlio d’arte (il padre John vinse il Mondiale ’87 con gli All Blacks) e italiano grazie al nonno della Val Rendena. Insieme a lui, possono esordire anche il pilone italo-francese Loris Zarantonello, protagonista in Francia con Castres, e le stelle delle ultime Under 20 azzurre François Carlo Mey e David Odiase. Questo gruppo può continuare a fare la storia, e lo stesso Quesada se n’è accorto subito, come raccontato da Venditti: “Fin dai primi allenamenti a gennaio Gonzalo rimase colpito dalla loro capacità di andare ogni giorno oltre i propri limiti, alzando sempre l’asticella. Vedere la sorpresa nei suoi occhi quando i ragazzi riuscivano a crescere così velocemente è stato bellissimo, Quesada disse subito che questi ragazzi erano geniali”. E se lo dice Gonzalo Quesada, c’è da crederci. Rugby: tutte le notizie © RIPRODUZIONE RISERVATA
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