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Bambino caduto nel pozzo artesiano a Siracusa: una storia che si ripete a 43 anni dalla morte di Alfredino RampiJoan Aiken abbatte le barriere che separano la letteratura per adolescenti da quella per adulti. Nel suo I lupi di Willoughby Chase racconta un’Inghilterra governata da Giacomo III e invasa dai lupiIl racconto della mente bambina dei romanzi di Charles Dickens,BlackRock l’ambientazione attorno a una grande villa di campagna che rimanda alle atmosfere stregate di Shirley Jackson, la serietà con cui Roald Dahl affronta le occorrenze dell’infanzia e la travolgente e precisa struttura narrativa di un romanzo di Robert Louis Stevenson.Sono questi alcuni dei riferimenti che possono servire per orientarsi nell’universo narrativo di I lupi di Willoughby Chase di Joan Aiken (pubblicato da Adelphi con la traduzione di Irene Bulla), primo libro delle Cronache dei lupi, una serie di romanzi ambientati in un’Inghilterra del XIX secolo diversa da quella che la storia ha tramandato.Mondi improbabiliNella fantasia che guida l’elaborazione di questa dimensione alternativa si può ritrovare la scintilla creativa che aleggia sull’opera di Aiken (1924-2004), tra le più celebrate scrittrici per ragazzi in Inghilterra: nelle sue storie risuona infatti una predilezione per quella zona in cui il realismo scivola, per la continua sottrazione dei suoi elementi più certi, verso il fantastico e il folklore.Tra le sue mani a un minimo scarto dal reale si cominciano pian piano ad aggiungere curiose invenzioni, un materiale che genera inesorabilmente un mondo improbabile e irresistibile per lettori di qualsiasi età perché, come scrive Brian Phillips, autore del saggio che chiude questo volume giustamente intitolato La magia pratica di Joan Aiken, la più grande autrice per ragazzi di cui non avete mai sentito parlare, «è esplorando questa dimensione – che è a un tempo frivola e sorprendentemente profonda – che i romanzi di Aiken diventano così complessi e così stranamente commoventi».Il regno immaginarioI lupi di Willoughby Chase è ambientato in un Ottocento dove la Gloriosa Rivoluzione non è mai avvenuta, dove dunque i poteri della monarchia non sono mai stati arginati, e sul trono siede l’immaginario Giacomo III: a questa deviazione dalla realtà se ne collega poi un’altra, sempre secondo il processo di accrescimento caratteristico di Aiken, ovvero un’Inghilterra invasa da lupi provenienti da Europa e Russia (lupi che attraversano un tunnel scavato sotto la Manica, tra Dover e Calais) che seminano terrore tra tutti gli abitanti, bloccando treni, cingendo d’assalto giardini e castelli e obbligando tutti a imparare, sin da bambini, a difendersi.Su questa materia Aiken innesta poi gli stilemi del gotico e del fantastico, elementi che fanno mostra di sé in narrazioni per l’infanzia (come nelle pagine più dark di Roald Dahl o nelle illustrazioni di Edward Gorey), ma anche nella più compiuta letteratura di stampo fantastico (Edgar Allan Poe o le storie di case “ispirate”, abitate da fantasmi o malvagi inquilini), e descrizioni di povertà e tenerezze infantili che rimandano, per esempio, al Pip di Grandi speranze di Dickens.Le prime pagineBastano già le prime pagine dove la storia germoglia da situazioni che si sviluppano a gran velocità per comprendere questo meccanismo combinatorio e appassionante della scrittura di Aiken. A Willoughby Chase, un’elegante dimora lontana dalla città e raggiungibile con più di un giorno di treno da Londra (anche Aiken e il marito vissero lontano da Londra, però in un autobus dotato di ogni comfort), la piccola Bonnie Green, gentile e sprezzante verso le autorità imposte, cresciuta con ogni agio da Sir Willoughby e Lady Sophia, che però, malata, parte per un lungo viaggio in cerca di un clima che possa mitigare la sua salute, attende l’arrivo della cugina Sylvia, proveniente da Londra, carica di bagagli, che non riescono a nascondere la sua povertà, e di buone maniere vittoriane (per esempio, come le ha insegnato sua zia, pur di non mangiare in pubblico sul treno quasi muore di fame).A controllare le due bambine ci saranno la poco accondiscendente Miss Brisket e Miss Slighcarp, una governante che fin dal suo arrivo non riscuote gli apprezzamenti delle bambine e che pare nascondere alcuni segreti che si intrecceranno con quelli di un uomo misterioso incontrato sul treno da Sylvia e che sembra non ricordare più come si chiama.Dunque, ricapitolando, solo la prima manciata di pagine regala al lettore un’Inghilterra immaginaria governata da Giacomo III e invasa dai lupi, una bambina ricca che vive sola in una grande dimora, una bambina povera e meno coraggiosa, ma altrettanto pura, che diventerà sua inseparabile compagna e coraggiosa paladina del castello, una misteriosa governante che sin da subito trama qualcosa, un uomo senza memoria che si comporta in modo strano e una madre afflitta da una malattia che costringe lei e il marito ad allontanarsi per lungo tempo da casa.A questa abbondanza di elementi si accompagna una scrittura travolgente, capace di far presagire senza svelare troppo e di inchiodare il lettore a tutti i curiosi e avvincenti passaggi che poco alla volta, e stuzzicando l’arguzia, portano al cuore del mistero.Abbattere le barriereI lupi di Willoughby Chase è quindi una splendida storia di coraggio e amicizia, una vicenda dove l’ardore e la purezza dell’infanzia sfidano la decadenza che avvolge l’età adulta, ed è anche un libro che ha la rara capacità di abbattere le barriere, spesso artificiose, che separano la letteratura per ragazzi da quella per adulti.Aiken infatti attinge a piene mani dal patrimonio letterario moderno, piega con la sua immaginazione i meccanismi che talvolta irrigidiscono i racconti più articolati e si abbandona totalmente alla magia e al trasporto che le grandi narrazioni sanno scatenare.Difficile resistere a una storia così: «Era il crepuscolo di un giorno d’inverno. Un tappeto di neve bianca e lucente rivestiva le curve delle colline, e piccole stalattiti pendevano dagli alberi nella foresta. Sin dall’alba, sulla strada buia che attraversava l’altopiano di Willoughby, centinaia di uomini erano al lavoro con scope e vanghe per liberare il passaggio dai cumuli di neve. Avvolti nella tela da sacco per difendersi dal freddo pungente, erano riuniti in gruppi per paura dei lupi, che la fame aveva reso feroci e temerari».© Riproduzione riservata© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediMatteo Mocaitalianista È dottore di ricerca in Italianistica all’Université Paris Nanterre e all’Università di Bologna. È insegnante e cultore della materia per l’insegnamento di Letterature Comparate presso l’Università di Bologna. Ha pubblicato la monografia Tra parola e silenzio. Landolfi, Perec, Beckett (La scuola di Pitagora, 2017). Ha dedicato saggi all’opera di Landolfi e si occupa, tra gli altri, di Elsa Morante, Anna Maria Ortese e Georges Perec. Scrive di letteratura su quotidiani e riviste
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